Le risorse in gioco

di Walter “Plautus” Nuccio

“Risorsa” è uno di quei termini che tutti i giocatori utilizzano di frequente. Quante volte, parlando di uno specifico gioco, abbiamo detto “è un gestione-risorse” oppure, aprendo una scatola appena acquistata abbiamo esclamato con soddisfazione “Questo gioco ha un mucchio di risorse!”. Generalmente, infatti, identifichiamo una risorsa con il componente fisico che la rappresenta. Risorse sono dunque i cubetti colorati, i token, i gettoni e i tasselli … purché sufficientemente piccoli! Già, perché spesso diamo per scontato che una risorsa sia qualcosa che possiamo manipolare, ma è davvero così? E’ possibile che, in realtà, questo termine abbia un significato più ampio di quello che normalmente si crede?

Ogni cosa (o quasi) è una risorsa
Se abbiamo sviluppato a dovere l’occhio del designer, potremmo accorgerci che una risorsa altro non è che un elemento del gioco con cui il giocatore interagisce e che gli permette di produrre un effetto. Non solo cubetti e gettoni, quindi, ma anche carte e tessere sono risorse, dato che, dopo averle acquisite, le utilizziamo in vista di un obiettivo. Quando giochiamo una carta o una tessera, ecco che questa si trasforma virtualmente in qualcos’altro: magari proprio in un’ulteriore risorsa, riportata graficamente sulla carta stessa, che finisce in nostro possesso, oppure in un qualche altro tipo di effetto vantaggioso per noi o svantaggioso per gli avversari.
Tuttavia finché parliamo di carte e tessere siamo ancora nel regno delle cose manipolabili, ma pensiamoci un attimo: una risorsa esiste come concetto indipendentemente dal componente fisico che scegliamo per rappresentarla. Per tenere traccia del fatto che Luca possiede 5 denari possiamo consegnargli 5 gettoni, spostare un suo segnalino in corrispondenza del numero 5 su un indicatore oppure, perché no, semplicemente tenerlo a mente. Quest’ultima soluzione sarebbe di certo molto più scomoda e si presterebbe ad errori e tentativi di barare, da parte di qualche giocatore non troppo corretto, ma concettualmente non vi sarebbe alcuna differenza.
Che dire, quindi, del semplice “diritto di muovere”? E’chiaro che anche quello può essere considerato una risorsa, e la cosa è tanto più evidente se pensiamo che nei giochi è possibile eseguire più mosse per turno, spesso alle mosse vengono davvero fatti corrispondere dei componenti fisici, come i gettoncini azione in Through the Ages o gli omini del piazzamento lavoratori classico.

Il carburante del gioco
A questo punto possiamo spingerci oltre: forse che anche le caselle di un gioco di percorso possono essere considerate risorse? Certo che si. E i punti vittoria? Anche quelli, naturalmente. Di questo passo sembra che quasi nessun elemento del gioco sfugga ad essere inquadrato come risorsa, per cui è arrivato il momento di chiederci: cos’è che caratterizza veramente una risorsa?
Se consideriamo un sistema di gioco come una sorta di meraviglioso motore, le risorse non sono altro che il carburante che lo alimenta. Il giocatore contribuisce a far funzionare questo motore: egli parte da alcune risorse che potremmo chiamare primarie, quelle che ottiene automaticamente ad inizio turno, cioè gli omini da piazzare, una rendita fissa in monete o semplicemente le mosse a sua disposizione; poi spende (o semplicemente usa) tali risorse, per produrre un risultato. Ecco quindi che l’omino va ad occupare un’area sul tabellone (una risorsa anch’essa), la quale più tardi produrrà un cubetto che, in combinazione con altri, verrà ulteriormente trasformato in una risorsa finale, ovvero un edificio o dei punti vittoria. Un partita, quindi, non è altro che un continuo fluire di risorse da una meccanica all’altra: le risorse entrano in gioco, si trasformano in altre risorse o cambiano certe loro proprietà, e infine vengono scartate o eliminate.
Fin qui abbiamo considerato il ciclo di trasformazioni di un tipico gestionale, ma scommettiamo che questo modello è applicabile anche a giochi molto più semplici, come il classico Gioco dell’Oca? E’il turno del giocatore: questi riceve i dadi, che non sono altro che la risorsa primaria del gioco, li lancia sul tavolo ed ottiene così qualcosa che potremmo chiamare punti movimento; questi a loro volta si traducono istantaneamente in altrettanti avanzamenti del segnalino sul percorso di gioco; al termine del movimento l’oca si ferma su una casella: una risorsa di cui il giocatore deterrà il possesso solo per un tempo limitato, fino a quando la abbandonerà per proseguire il suo viaggio. Quindi anche il Gioco dell’Oca, in fondo, è un gestione-risorse! Certo, qui c’è veramente poco da “gestire”, dato che tutto accade senza che il giocatore debba prendere delle decisioni, ma ciò non toglie che un designer sufficientemente creativo potrebbe considerarlo un punto di partenza per successivi sviluppi.

Le risorse non sono tutte uguali
Dopo questi esempi vedo già l’espressione perplessa di qualche lettore: “Se quasi tutto ciò che vedo in un gioco è una risorsa, cos’è che rende un gioco diverso dall’altro?”. In realtà il discorso è più complesso di quanto sia possibile riportare in un articolo breve come questo, ma qui è almeno il caso di sottolineare come le risorse di un gioco possano avere una natura molto differente a seconda dei casi.
Tanto per cominciare, è evidente che non tutte le risorse subiscono lo stesso trattamento quando vengono utilizzate. Per esempio, alcune sono consumabili cioè vengono cedute al momento del loro utilizzo; altre, invece, sono permanenti, dato che il giocatore può utilizzarle più volte nel corso della partita senza che si consumino. Questa non è una distinzione di poco conto: una risorsa consumabile prima o poi verrà perduta, e la scelta del giocatore consiste essenzialmente nel momento in cui ciò debba accadere; viceversa, una risorsa permanente permette al giocatore di costruirsi una “posizione”, qualcosa che funga da base per l’elaborazione di un piano strategico a lungo termine. Attenzione, quindi, a non farvi ingannare dalle apparenze: una moneta in Caylus è molto diversa da una moneta in Dominion!
L’occhio del designer è attento a queste differenze persino quando il componente fisico utilizzato per una risorsa è praticamente identico da un gioco all’altro. Consideriamo, ad esempio, le ben note “tessere Personaggio”, che possiamo ritrovare in molti giochi. In Puerto Rico il giocatore acquisisce un Personaggio solo temporaneamente e lo utilizza subito per poi restituirlo alla fine del round; in Vasco da Gama, invece, il giocatore può conservare un Personaggio, sfruttandolo più volte, finché un avversario non glielo sottrae. Possiamo chiamarli Personaggi entrambi, ma si tratta di due risorse dalla natura molto diversa.

Creare e inventare con le risorse
Potremmo classificare e distinguere le varie tipologie di risorse presenti nei giochi da tavolo in base a tanti criteri, ma ora probabilmente vi starete chiedendo: “Qual è l’utilità di una simile classificazione?”. Una risposta che mi sento di dare è questa: se il designer è consapevole di tutto ciò che, nel gioco che sta ideando, può essere considerato una risorsa, può provare a sperimentare cambiando la natura di una risorsa o introducendo per essa nuove possibilità di trasformazione.
Pensate ad esempio a quello che è accaduto in giochi come Magic o 7 Wonders. Il primo ha introdotto il concetto di “mana”: una risorsa, generata dalle Terre, che non ha un componente fisico che la rappresenti e viene consumata immediatamente dopo essere stata prodotta, senza che vi sia modo di conservarla. 7 Wonders, del resto, sembra aver cambiato l’idea tradizionale secondo cui le “materie” vengono spese per costruire qualcosa: in questo gioco, infatti, le materie sono rappresentate su delle carte e costituiscono delle risorse permanenti, che non vengono mai cedute e, una volta messe a terra, rimangono in gioco fino alla fine della partita.
Anche nelle trasformazioni di risorse c’è chi ha avuto idee originali. Mentre un tipico ciclo di trasformazione è fatto di due passi (con la mia mossa ottengo delle materie, successivamente spendo le materie acquisite per ottenere punti o qualcos’altro), Uwe Rosenberg, non contento, ha pensato bene di introdurre nel suo Le Havre delle ulteriori trasformazioni intermedie: il giocatore può, con una mossa, ottenere del ferro; successivamente può decidere di utilizzare questa materia così com’è oppure di trasformarla ulteriormente: ecco che il ferro può diventare acciaio e quest’ultimo può infine essere speso per costruire una Nave di lusso.
Naturalmente questi sono soltanto esempi e le possibilità sono innumerevoli. Ciò che conta è, come sempre, osservare con occhio critico. Provate a chiedervi, quindi: quante risorse ci sono nel gioco che avete davanti sul vostro tavolo in questo momento?

Sentitevi pure liberi di fare commenti, domande o critiche, e sarò contento di rispondere.

Plautus

Walter (Plautus) Nuccio è un appassionato di giochi da tavolo e di game design, disciplina della quale ama indagare ed approfondire gli aspetti teorici. Ha partecipato al concorso Miglior Gioco Inedito Lucca Games 2011, arrivando in finale con Evolution.

11 pensieri riguardo “Le risorse in gioco

  • 25 Luglio 2013 in 11:20
    Permalink

    se non ho capito male, l’introduzione del concetto “RISORSA” serve per avere un ulteriore approccio al gioco (o al game design) e l’importante è individuare la/le relazione/i tra le varie risorse, cioè come esse interagiscono tra loro e come il giocatore può interagire con esse….

    tuttavia il segreto del divertimento non è intrinseco alle risorse, c’è un altro gradino che per il momento mi sfugge!! =(

    ps: articolo molto interessante

    • 25 Luglio 2013 in 14:54
      Permalink

      Si, il concetto di risorsa è utile a vari livelli.
      Per quanto riguarda il “divertimento”… di sicuro molti trovano divertente accumulare o trasformare risorse, ma ci sarebbero tanti altri fattori da considerare, è proprio un argomento a parte.

  • 25 Luglio 2013 in 13:45
    Permalink

    Aggiungerei a questo punto che le risorse primarie possono essere considerate quelle sempre a disposizione del giocatore durante la partita (ad esempio, i dadi nel Gioco dell’Oca). Al contrario, le risorse secondarie potrebbero essere quelle “volatili” che vengono consumate durante la partita (ad esempio, il legno in Agricola). Complimenti per l’articolo.

    • 25 Luglio 2013 in 15:22
      Permalink

      Credo che definire primarie quelle permanenti e secondarie le altre possa indurre a un equivoco, se poi per “secondarie” si intende in qualche modo “meno importanti”. Esistono giochi in cui le risorse consumabili sono più importanti di quelle permanenti ai fini della vittoria.

      • 25 Luglio 2013 in 15:33
        Permalink

        Le risorse primarie o “risorse di primo livello”, sono esattamente quelle che hai detto tu. Le altre, quelle di secondo (o terzo addirittura) livello, sono tali semplicemente perchè vengono ottenute a partire dalle prime.

        Consumabili-permanenti, è invece un altro criterio di classificazione, che riguarda la eventuale “spendibilità” di una risorsa.

        In Caylus sono risorse primarie sia le monete (che sono consumabili), sia i lavoratori (che sono permanenti), perchè entrambe sono disponibili all’inizio di ogni turno.

        Quindi si tratta di due criteri di classificazione ortogonali fra loro.

  • 25 Luglio 2013 in 19:47
    Permalink

    Segnalo che presto prenderà vita qui su Gioconauta le sezione dedicata al game design, per cui, se queste prime puntate vi sono parse interessanti, d’ora in avanti, mensilmente, con Walter ne vedremo delle belle!

  • 26 Luglio 2013 in 16:42
    Permalink

    Ma questa accezione tanto generale della parola “Risorsa” non rischia un po’ di sminuirne il concetto? Voglio dire se davvero anche i dadi del gioco dell’oca sono una risorsa, che senso ha usare questa terminologia nella descrizione/analisi di un gioco? Sarebbe meglio parlare direttamente di “Trasformabile” o “Acquisibile” o “Permanente”. Con tutti i potenziali giochi di parole che possono scaturire da quest’ultima.

    • 26 Luglio 2013 in 17:51
      Permalink

      Io non credo che il concetto ne risulti sminuito, anzi. E’ un po’ come quando in matematica diciamo che lo “zero” è un numero: estendiamo il concetto di numero e poi sfruttiamo le conseguenze di questa generalizzazione.

      Secondo me la cosa ha senso in un’ottica di game design: se inquadri come risorse alcuni elementi di gioco che generalmente non sono considerati tali, puoi iniziare a prendere in considerazione delle trasformazioni che altrimenti non ti sarebbero venute in mente.
      Inoltre anche nel bilanciamento di un gioco è utile vedere tutto in termini di risorse che si trasformano.

      Sulla scelta del termine, beh.. risorsa è già un termine largamente utilizzato, mentre quelle che tu elenchi sono alcune delle proprietà che una risorsa può avere.

  • 14 Febbraio 2016 in 17:32
    Permalink

    Articolo tuttora molto interessante. Io considererei “risorsa” permanente anche gli altri giocatori, almeno in alcuni giochi. Ad esempio, nel classico Cluedo (ma in generale nei boardgames di deduzione) le accuse degli avversari sono utili perché anch’esse indizi da scartare, ovviamente bluff a parte. Discorso valido, a mio parere, anche in giochi più recenti come ad esempio Creature della notte, per dirne uno, dove il nemico del mio nemico è mio amico. Inutile parlare poi dei cooperativi puri.

    • 15 Febbraio 2016 in 09:58
      Permalink

      Ciao e grazie. Io direi più che altro che l’ “informazione”, in giochi come Cluedo o Mastermind, è senz’altro una risorsa :)

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.