Roll for the Galaxy – Recensione

di Daniele “ditadinchiostro” Ursini

L’anno in cui nacque Buttercup, la donna più bella del mondo era una sguattera francese di nome Annette.

Io detesto gli spin-off. Proprio concettualmente. Persino la terza serie di Boris non mi è piaciuta per via del passaggio da Occhi del cuore a Medical Dimension. È che sono sempre pronto ad affezionarmi alle cose belle e non sopporto che queste siano snaturate per crearne di meno belle. Anche se fossero di pari bellezza avrei dei problemi perché nella mia testa resterebbe un’idea usurpata. Che poi nei giochi da tavolo è anche peggio: da un titolo di successo si crea la versione di dadi, quella di carte e quella con i bastoncini dello Shangai. Il prossimo Pandemia sarà una variante della morra cinese. È come il tiramisù: alle fragole, alla banana, al cappuccino. Per carità, io mangio tutto, ma ho il palato sensibile, non posso ingannarlo: sapori diversi, diversi nomi.

“Non esistono parole per descrivere la mia saggezza. Sono così astuto, scaltro e sottile, un tale furfante, così perverso farabutto e pieno di inganno, malizia e mistificazione, tanto freddamente calcolatore quanto diabolico e volpino, tanto infido quanto sleale… Bene te lo avevo detto che non sono state ancora inventate le parole adatte a spiegare la grandezza del mio cervello, ma mettiamola così: il mondo esiste da molti milioni di anni e diversi miliardi di persone, in un tempo o nell’altro, ci hanno camminato sopra, ma io Vizzini il siciliano, sono, parlando in tutta la sincerità e modestia, l’individuo più viscido, furtivo, abietto e vile che abbia visto la luce.”
“In tal caso” disse l’uomo in nero “ti sfido a un duello di intelletti, all’ultimo sangue”
“Per la Principessa?”
“Mi leggi nel pensiero”

rftg12-e1423554836500Acquistare Roll for the Galaxy è stato complesso; l’amore per il gioco di carte, la curiosità ed il quinto giocatore hanno dovuto battere la resistenza atavica agli spin-off e un prezzo esorbitante dovuto alla distribuzione americana, al dollaro forte e probabilmente al fatto che ogni scatola proviene direttamente dalla riserva personale di Obama. Dopo averlo ordinato mi sono dovuto ferire come un elfo domestico e fare economia eliminando la vita sociale. Per fortuna quest’ultimo provvedimento è stato più facile del previsto considerato l’impatto che il gioco ha avuto sui miei amici. Erano lustri che non giocavo così tante volte di seguito lo stesso gioco. Ogni serata ludica vede almeno una partita a Roll, ma una non basta mai. Non so se Thomas Lehmann abbia passato in Tibet i sette anni trascorsi da Race for the Galaxy, so soltanto che ha sfruttato questo tempo per confezionare un prodotto eccellente, ancora una volta capace di scatenare i più reconditi istinti Nerd.

“Ciò che non puoi odorare si chiama polvere iocana. È inodore e insapore e si scioglie istantaneamente in qualunque liquido. Guarda caso, è anche il veleno più letale che si conosca”. L’uomo in nero tese le mani, prese i calici e voltò le spalle. Per un lungo attimo fu indaffarato, poi si voltò di nuovo, un calice in ogni mano. Con molta attenzione, depose il calice che teneva con la mano destra davanti a Vizzini e quello che teneva con la sinistra davanti a sé. Si sedette e lasciò cadere il pacchetto di iocana, vuoto.
“Dov’è il veleno? Il duello di intelletti ha avuto inizio” disse l’uomo in nero. “Finisce quando raggiungi una conclusione: berremo il vino nello stesso istante e scopriremo chi ha ragione e chi è morto.”

roll-for-the-galaxy-reviewRoll for the Galaxy dimostra un perfetto equilibrio tra il vecchio gioco e qualcosa di nuovo. Lima le spigolosità che rendevano macchinoso l’apprendimento di Race e ridisegna le belle idee che ne decretarono il successo. Ne esce un semifreddo al tiramisù: un dolce diverso che riporta sapientemente alla mente un sapore conosciuto e amato. I materiali sontuosi giustificano in parte il prezzo: le tessere in cartone sono di spessore edilizio e i bicchieri in plastica colorata esaltano il rollio dei dadi. Una montagna di dadi. Prima che gli adoratori di tali divinità svengano però, bisogna specificare che si tratta di dadi piuttosto piccoli, a sei facce, di colori smorti e con stampati sopra simboli banali, quasi infantili. Niente da dire sulla funzionalità all’interno del gioco, ma nessuno s’immagini un impatto estetico alla “Quarriors!”. In Roll i dadi sono comparse di una commedia ben congegnata il cui ruolo risulta tanto pretestuoso quanto necessario allo sviluppo della trama.

Quando Buttercup compì dieci anni, la donna più bella viveva in Bengala, figlia di un ricco mercante di tè. Il nome della fanciulla era Aluthra e la sua pelle era un’ambrata perfezione, come in India non ne apparivano da ottant’anni.

Le somiglianze con Race iniziano dall’ambientazione posticcia e continuano con le combo di poteri e la selezione simultanea delle azioni. Nel segreto del nostro schermo assegniamo i risultati dei dadi alle azioni, simbolo su simbolo perlopiù, al netto della facoltà di modificare i risultati ottenuti. Le scelte sono assicurate dalla possibilità che ogni giocatore ha di attivare una sola azione per turno. Alle altre è possibile comunque associare dadi i quali diventano operativi solo se l’azione corrispondente viene innescata dagli avversari. Terminata la pianificazione segreta si spalanca l’impermeabile del proprio schermo per verificare i piazzamenti e svolgere le azioni selezionate. Questa parte si svolge in ordine per i primi turni della prima partita, dopodiché ci si immerge nel tumulto del Grande Bazar d’Istanbul. I turni, tutti diversi tra loro, si susseguono tra costruire sviluppi utili a modificare i risultati dei dadi o pianeti per produrre merci da spedire nello spazio in cambio di punti e soldi. Attraverso i soldi si recuperano i propri dadi usati scegliendo liberamente tra i bianchi neutrali e gli specialisti colorati. La fine della partita è di nuovo una citazione di Race for the Galaxy e si attiva al termine del pool di punti comune o alla dodicesima tessera costruita.

Il siciliano sorrise e fissò il vino nei calici. “Ora, solo un pazzo metterebbe il vino nel proprio bicchiere, in quanto saprebbe che solo un altro pazzo allungherebbe subito la mano per prendere quello che gli viene offerto. E chiaramente io non sono un pazzo, perciò, chiaramente non prenderò il tuo vino. Poiché tu sapevi che non sono un pazzo, sapevi anche che non sarei cascato nel tranello. Così non prenderò nemmeno il mio”.
“Va’ avanti” disse l’uomo in nero.

roll-for-the-galaxy-5-600x600Pur manifestando evidenti analogie nell’esperienza di gioco, i due for the Galaxy posseggono un’anima piuttosto diversa. Il gioco di carte dopo qualche decina di partite appariva guidato, quasi risolto. Già dal pianeta di partenza si sapeva quali carte cercare e che strategia perseguire. Come avere il venticinque a tresette: resta solo da capire se l’asso è in mano al mio compagno. Il problema fu superato dalle espansioni, le quali portarono la soglia critica di partite ad un numero che noi umani non potevamo nemmeno immaginare, riempendoci gli scaffali e svuotando il portafogli. Lungi da me scoraggiare espansioni per Roll, però questo nuovo titolo sembra averne meno bisogno. La variabilità data dal lancio di dadi e le tessere casuali con gli sviluppi su un lato e i pianeti sull’altro, marcano una profonda differenza fra il costringere il gioco ad assecondare i propri piani e l’adeguarsi all’andamento della partita con una strategia in continua evoluzione. Sebbene la presenza del caso possa sembrare preponderante, non la si avverte più che in altri giochi della stessa tipologia grazie a poteri ben bilanciati e a una durata molto contenuta.

“Il veleno è polvere iocana e lo iocano viene solo dall’Australia e l’Australia, come tutti sanno è popolata da criminali e i criminali sono abituati al fatto che la gente non si fida di loro, come io non mi fido di te, il che significa che posso, chiaramente, non scegliere il vino davanti a te. Ma, ancora, avresti potuto sospettare che conoscessi l’origine dello iocano e immaginare di conseguenza che sapessi qualcosa dei criminali e del loro comportamento, quindi posso chiaramente non scegliere il vino davanti a me”.
“Possiedi veramente un intelletto da vertigine” sussurrò l’uomo in nero.

Roll-for-the-Galaxy-Player-ScreenRoll for the Galaxy crea dipendenza. Come il suo predecessore di carte o come Dominion. Purtroppo anche gli effetti collaterali restano gli stessi. Roll, come Race, come Dominion: tutti giochi solitari in cui la presenza degli altri serve solo per vantarsi di un’eventuale supremazia finale. Eppure sembra non se ne possa fare a meno. Giocarli rilascia endorfine e l’euforia prodotta necessita sempre di un’altra partita per essere sfogata. Un impeto onanistico che al tempo stesso appaga e alimenta nuova lussuria. Per mezz’ora il contorno sfuma e l’unico scorcio di realtà persistente è il rumore dei dadi sbattuti dentro al bicchiere. Ancora e ancora. Turno dopo turno. Con il respiro affannato, cercando invano di coordinarsi con i medesimi suoni percepiti oltre il paravento. Quando tutto è finito si rialzano gli occhi. Ci si ricorda di non esser soli, si contano i punti e, dopo una bibita fresca, si è pronti a ricominciare. Insaziabili. Come i veri giocatori.

I quindici anni di Buttercup coincisero con il primato di Adela Terrell di Sussex on the Thames. Adela aveva vent’anni e brillava talmente sulle sue avversarie da far pensare che sarebbe stata la più bella per molti anni.

Roll-for-the-Galaxy-TärningarGià li sento i commenti degli ultras di Race for the Galaxy e Dominion. Commenti espressi mille volte in mille diverse occasioni: “Non è vero! Non è vero che non c’è interazione. Conoscendo bene il gioco bisogna seguire la partita altrui, prevedere mosse, rubare carte: c’è molta interazione indiretta”. Anche di Roll diranno lo stesso probabilmente. Bisogna anticipare le mosse degli altri per ottimizzare i risultati dei propri dadi, pensare a ciò che l’avversario sta pensando, fingere di non credere che quella sarà la sua mossa per indurlo a pensare che noi siamo persuasi della sua intenzione di attivare una determinata azione, mentre invece sappiamo che lui pensa che noi pensiamo che lui preparerà un colpo a sorpresa. E ogni volta che ascolto queste teorie indifendibili, ripenso allo splendido brano del duello di intelletti de La Principessa Sposa di William Goldman, emblema dei più sofisticati sollazzi mentali che i Nerd di tutto il mondo amano evocare.

Bevvero.
“Ti sei sbagliato” disse l’uomo in nero.
“Tu credi che mi sia sbagliato” replicò il siciliano con una voce squillante. “Quando mi hai voltato le spalle ho scambiato i bicchieri. Sciocco!”.
Era tutto allegro finché la polvere iocana non fece effetto. L’uomo in nero scavalcò il cadavere e tolse la benda dagli occhi della Principessa.
“L’hai ucciso” sussurrò.
“L’ho lasciato morire in allegria” disse l’uomo in nero.
“E pensare” mormorò “che il calice avvelenato è sempre stato il tuo”.
“Erano avvelenati tutti e due” rispose l’uomo in nero. “Ho passato gli ultimi due anni a sviluppare l’immunità alla polvere iocana”.

pic2397041_lgM’incuriosisce scoprire quanto tempo passerà prima che un editore italiano bussi alla porta di Rio Grande Games. Bisogna prevedere un investimento alto, tradurre i componenti e affrontare il rischio legato all’elevato prezzo di vendita. Probabilmente troppo coraggio per un piccolo mercato fatto di piccole realtà. Eppure il gioco è un successo; lo è già prima di diventare facilmente reperibile. Si sa, si vede, si avverte. Roll for the Galaxy è destinato a diventare un cult. Come quei film che s’insinuano nel linguaggio comune pur senza scalare le classifiche di qualità. Un cult. Forse perché si lascia giocare velocemente o perché è raro trovarlo, perché il fratello è famoso o semplicemente perché è bello. Forse perché rollare i dadi è un richiamo ancestrale a cui non si può resistere o perché massimizzare combinazioni di poteri gratifica il lavoro delle sinapsi. La verità è che nessuno conosce l’alchimia che trasforma un’opera in un cult, ma se l’ho letto, l’ho visto o l’ho giocato cento volte anziché le classiche dieci, un motivo ci sarà. E se anche non ci fosse, l’anomalia rimane un dato di fatto impossibile da ignorare.

A diciotto anni Buttercup era la donna più bella di tutto il secolo e non sembrava importarle.

11 pensieri riguardo “Roll for the Galaxy – Recensione

  • 19 Maggio 2015 in 09:59
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    Ebbene proprio a causa tua l’ho comprato alla fine. Se ora non dovesse piacermi ti verrò a trovare con un bicchiere di veleno a cui non sei immune :)

  • 19 Maggio 2015 in 14:06
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    Anche io sono davvero molto ispirato da questo titolo. Non ho potuto ancora provarlo ma regolamento e recensioni hanno colmato il vaso della mia convinzione verso il gioco… Quella di dita ha fatto uscire l’acqua :)

  • 28 Maggio 2015 in 10:53
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    Ciao, aiuto… anche l’acqua nel mio vaso della bramosita’ e’ tracimato… maledetti.
    Sapete se lo faranno in italiano o meglio se qualcuno di voi tradurra’ le regole o se si possono reperire in rete? io non riesco a trovarle…
    Ciao a tutti e grazie.
    Devo acquistarlo….!!!

  • 30 Maggio 2015 in 23:42
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    Non saprei, sono molto dubbioso. E’ dai tempi di Quantum che l’abbinata spazio+dadi da tirare mi convince poco; uno yahtzee galattico con zero interazione? Destinato a diventare un cult? No grazie, preferisco le cose serie, molto meglio Space Empires 4X che è su un altro… pianeta!

    @Sampy: prova su BGG, ho visto un paio di files in italiano; non le regole però, non ancora almeno.

  • 3 Giugno 2015 in 18:07
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    Ciao Claus, direi che definire Roll “uno yahtzee galattico” è un tantino eccessivo. Come ho scritto nell’articolo i dadi non sono il fulcro ma lo stratagemma per confezionare un gioco di combinazioni di poteri che non passi per le carte. Che poi la meccanica non si sposi con l’ambientazione è sicuramente vero, ma credo che sia un difetto comune in questa tipologia di titoli. Io di Dominion, per rimanere sul genere, non ho ancora capito neanche quale sia l’ambientazione, eppure ha venduto trilioni di scatole e si può definire senza dubbio un “cult”. Sono abbastanza sicuro che Roll possa ripercorrerne le orme una volta trovata una via più semplice per la distribuzione. A sostegno di questa mia certezza c’è il parere unanime e estremamente positivo di molte persone a cui ho avuto modo di farlo provare durante il recente “Carrara Show”.

    • 4 Giugno 2015 in 00:21
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      Ciao Daniele,
      lungi da me l’intento di attaccare il tuo articolo! O anche di generare un flame se è per questo. Per RollftG, ho ben chiaro il meccanismo, l’ho visto giocato, non l’ho ancora provato in prima persona e sinceramente non ne sento il bisogno. Che di giochi astratti di successo “ammantati” da ambientazioni spalmate sopra a strati più o meno sottili sia pieno il mercato è un dato di fatto, ma va anche bene per carità, c’è posto per tutti i gusti. Tu citi Dominion, per me è Five Tribes (mancala più mille e una notte? uhmmm), ma potremmo anche parlare di Lords of Waterdeep, Augustus, Goa, Biblios e chi più ne ha… Waterdeep è il mio worker placement preferito e sui siti internazionali è costantemente raccomandato (giustamente) come gateway, ma pur amandolo molto ammetto che per vedere un wizard in un cubetto viola ce ne vuole.

      Roll mi è parso sicuramente più immediato di Race, con un buon ritmo di gioco, e sono sicuro che avrà il successo commerciale che ci si aspetta pur non arrivando (penso) a sostituire il fratello maggiore. Non sono invece sicuro, ma è un riflettere a voce alta per carità, se ce ne fosse davvero bisogno. Il tema dell’esplorazione e conquista dello spazio, per me, dovrebbe garantire un “sense of wonder”, incontrare strane nebulose, relitti di navi abbandonate, misteriose razze aliene, costruzioni di avamposti sperduti su strani pianeti e naturalmente scontri tra flotte diverse; ridi pure e accusami di essere cresciuto a pane e capitano Kirk ma direi che se c’è un tema in cui voglio sicuramente sentire l’ambientazione, è proprio questo. Roll non mi pare che vada in questa direzione, sicuramente non risolve il multiplayer solitaire del predecessore vanilla e non crea nulla di drammaticamente nuovo; è ancora un engine building, raffinato, velocizzato, con la piacevole sensazione di rotolare dadi, ma sempre di quello si tratta.

      Ripeto, va benissimo, non accuserò mai nessuno di lasciarsi sedurre dal culto del nuovo e ben vengano le versioni riadattate per diversi palati – e generazioni di giocatori. Ma personalmente possiedo già Race e mi va bene così, un rapido gioco di carte con tema spaziale che potrebbe essere anche ambientato all’epoca del colonialismo (chi ha detto San Juan?), sufficientemente diverso ad ogni partita e compatto al punto giusto da essere giocato ovunque.
      E per l’appunto, per un gioco che mi faccia davvero sentire questo tema, preferisco (gusto personale) un titolo completo come SE4x e non una meccanica. Pur essendo evidentemente cose molto diverse (la Rio Grande e la GMT si rivolgono ad un pubblico ben specifico)(grazie al cielo).

      Scusa lo sproloquio ma, essendo tra amici, ci tenevo a chiarire le mie righe qui sopra che magari, scritte in fretta, potevano sembrare più aggressive di quel che in realtà era l’intenzione con cui le avevo scritte :D Alla prossima,
      Claudio

  • 4 Giugno 2015 in 16:04
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    Ciao Claudio, tranquillo non ho letto il tuo commento in chiave polemica nè mi sono sentito attaccato sull’articolo (che poi non sarebbe un gran problema). Ti ho risposto solo per amore di confronto e chiarezza nei confronti dei lettori. Una volta che risulta chiara la tipologia di gioco e le riflessioni che volevo trasmettere per me si può scrivere qualsiasi cosa, non ho motivi particolari per difendere Roll piuttosto che qualsiasi altro titolo. Peraltro mi trovo molto in sintonia con la tua riflessione sull’ambientazione, anche per me è un parametro importante, poi si potrebbe entrare nel dettaglio di cosa renda un’ambientazione ben ricreata o meno, però scivoleremo nella soggettività e in discorsi un pò lunghi :) Ciò che credo sia un punto fermo è che il gioco, in alcuni casi, crea un’alchimia particolare e insondabile con il giocatore e riesce a scalare il suo gusto pur non rientrando nei suoi normali parametri, come hai giustamente segnalato tu con l’esempio di “Lord of the Waterdeep” (anche io ho innumerevoli esempi in merito). Alcuni giochi riescono in questa seduzione più di altri, vedremo se Roll si intrufolerà in questa schiera di titoli ;) Grazie per questa bella possibilità di confronto.

  • 31 Agosto 2015 in 14:59
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    Da fan(atico) di Race ho ponderato parecchio l’acquisto di questo Roll, complici l’interesse per i gestione dadi, nonché questa rece, mi sono deciso a prenderlo.
    Sinora ho potuto farci solo due partite, ma l’impressione è stata decisamente ottima, sorvolando sul fatto che sicuramente non abbiamo sfruttato al meglio tutte le opzioni (tipo il Dictate), riesce a risultare familiare a al contempo diverso non rendendolo una mera trasposizione dadosa del “fratellone”… mi ha lasciato tantissima voglia di rigiocarlo, in più credo che prenderò sicuramente l’espansione che spero arrivi entro fine anno (14 nuove fazioni, 7 nuovi pianeti iniziali, una ventina di obbiettivi, un paio di nuove tipologie di dadi ecc.) :)

  • 31 Agosto 2015 in 20:15
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    Ciao Luca! Sono contento che questa recensione ti abbia aiutato a scegliere il gioco e che questo poi ti sia piaciuto. Aspetto anche io con ansia l’espansione ;)

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