I patemi del giovane Dita

di Daniele “ditadinchiostro” Ursini

Mi piacerebbe avere dei fans affezionati; lettori talmente rapiti dalle mie parole da attenderle con trepidazione crescente. Li immagino accendere il pc ogni mattina, maledire i tempi di caricamento di Windows mentre una sigaretta spazientita stenta ad accendersi, poi ricaricare il sito di Gioconauta ancora e ancora, perché il nome Ditadinchiostro non appare. Insomma mi piacerebbe essere come Dado Critico che ha folle di donne che inneggiano al suo nome in ogni uscita pubblica. Lo so perché a volte mi infiltro anche io tra loro; ho comprato appositamente un vestitino niente male, a parte che mi ingrossa un po’ i fianchi. Adoro Dado. La sua barba mi commuove più della scena finale di Titanic, non sopporterei di restare mesi senza un suo articolo. Sì, perché è da alcuni mesi che io non pubblico qualcosa. Sono davvero una brutta persona, fate bene a non roteare i reggiseni per me.

C’è mia madre che a casa ha una specie di antro. Una stanza completamente buia ad eccezione dei pixel colorati del monitor del computer. Quando entri non ti guarda, non ce n’è bisogno, è come se la stanza stessa le descrivesse chi si è introdotto nel suo regno. Una Sibilla Cumana del ventunesimo secolo. Qualche giorno fa sono entrato e, sedendomi sul letto alle sue spalle, le ho confessato le mie inquietudini. “Non va bene mamma, non riesco più a scrivere articoli, è da troppo tempo che non pubblico niente e questo mi fa stare male” “Perché tu scrivi articoli?” “Ma neanche tu mi leggi? Li posto sempre su Facebook!” “Ah mi dispiace ma ti ho bloccato perché non accetti le mie richieste di Criminal Case”. Svanita l’ultima possibilità di avere un’ammiratrice, ho ceduto alla frustrazione sfogando i miei patemi. “È che non gioco più mamma! Non ho più tempo per giocare e se non gioco non ho niente da scrivere e se non scrivo mi intristisco e se mi intristisco finisco col perdere un sacco di tempo e più tempo perdo e meno ne ho per fare ciò che mi piace e tutto ricomincia da capo” “Ma se esci tutte le sere per andare a giocare”. La fortuna è che mia madre toglie l’audio dei suoi giochini del pc, altrimenti formulare dei pensieri sensati sarebbe ancora più complicato. Già non è facile spiegare alla schiena di una persona che tecnicamente non vai a giocare ma a playtestare prototipi. Sembrano differenze concettuali ma sono sostanziali. Io gioco scalzo e con i pantaloni aperti, mi rilasso, chiudo a chiave la porta della giornata, della settimana, del mese. I mostri, le bollette, le prospettive allettanti e gli impegni possono fare il baccano che vogliono, quella porta è insonorizzata. Il gioco e la scrittura sono le uniche chiavi che conosco per chiuderla. Il playtest invece lo faccio in giacca e cravatta. Devo essere cinico, concentrato, con tutti i muscoli tesi per inchiodare al tavolo qualsiasi passo falso del gioco. Playtestare mi realizza e m’affatica. È un lavoro a tutti gli effetti e una responsabilità, soprattutto in questa fase di post temporale ludico, in cui freschi e ingenui editori spuntano dal sottobosco pieni di energia e d’inesperienza. Una volta sono andato per funghi insieme ad un cercatore esperto. Mi sono divertito e devo dire che, dopo esser stato istruito a dovere, non è risultato neanche difficilissimo trovarli, salvo poi scoprire, il giorno dopo, che all’interno erano tutti marci. Mi hanno detto che capita, questione di influssi lunari, cose così. In questo momento viviamo una fase di luna piena che promette di durare a lungo. Quando playtesto io non gioco, combatto Lupi Mannari e Vampiri. Non è coraggio, non è esaltazione, è rispetto per i giocatori. Li rispetto perché da giocatore voglio essere rispettato; sedermi al tavolo sicuro d’aver di fronte un prodotto di qualità, in cui l’autore, lo sviluppatore e l’editore hanno fatto tutto quanto in loro potere per presentare il miglior gioco possibile. Che poi non serve a niente, che vendere e piacere è un’altra cosa. Non conta quasi nulla lo sviluppo, tantomeno l’oggettiva qualità complessiva di un progetto. Però dovrebbe, secondo me. Perciò, se mi chiamano in causa, mi impegno come se da ciò dipendesse il mio posto in Paradiso. Riuscissi a trovare una metafora del genere a tema Criminal Case potrei spiegarlo anche a mia mamma; solo che poi dovrei anche raccontarle il motivo per cui mi chiedono aiuto nello sviluppo. Dicono che abbia una leggera tendenza a criticare qualsiasi cosa, manifestando in maniera plateale una profonda insoddisfazione per imperfezioni che ad altri occhi risultano veniali. Nella mia regione si condensa tutto con la definizione rompicoglioni, ma so che nelle meravigliose sfumature dei dialetti italici si possono trovare termini altrettanto efficaci. Comunque io non sono d’accordo. Magari se le persone coltivassero un vero spirito critico… Cavolo, l’ho fatto di nuovo.
“È un periodaccio mamma, dammi un consiglio per favore” “Ti dovresti velocizzare, sei sempre stato troppo lento a fare le cose. Dovresti fare come quel ragazzo, Dado, anche lui scrive articoli sui giochi, ma ne fa tantissimi e tutti belli” “Ma come lo conosci Dado? E perché lui lo leggi e tuo figlio no?” “Mi passa i suoi link Cinzia, lei una volta è stata a Torino e l’ha visto, ha detto che era pieno di gente” “Ma era quella volta in cui ha riempito i coperchi dei giochi di birra e li ha passati alla folla per bere?” “No, era la volta in cui si è presentato vestito solo di scatole di giochi”. Cavolo, quella me la sono persa.

7 pensieri riguardo “I patemi del giovane Dita

  • 29 Marzo 2017 in 15:53
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    Ciao Daniele,

    Forza è coraggio. Sicuro Dado è una rockstar. Ma c’è chi vi legge entrambi senza problemi, apprezzando le differenze di stili. Ancora mi capita di raccontare agli amici il tuo articolo su Catacomb. Epico!
    Spero di leggerti più spesso

    • 30 Marzo 2017 in 11:55
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      Ciao Luca!
      Naturalmente questo articolo è un omaggio al bravissimo Dado (che si è prestato al gioco), non volevo creare nessun tipo di competizione. Spero anche io di farmi leggere più spesso e anche di scrivere altre cose epiche :)

  • 30 Marzo 2017 in 01:46
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    Ogni volta che apro Gioconauta, il mio cuore è colmo di speranza, non vedo l’ora che un nuovo articolo recante la tua firma dipinga di gioiose sfumature la mia giornata…

    …quindi muoviti, razza di tanghero, e produci articoli, che qui si batte la fiacca. Non ti paghiamo perché tu ti faccia le domande su te stesso che ti fai le domande. Forza, operativo!

  • 30 Marzo 2017 in 12:14
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    Hai ragione Degauss! Stasera darò due giri supplementari al cilicio e mi metterò a scrivere al ritmo di un ciclostile a vapore. Tu si che sai come spronarmi: non ti deluderò più!

  • 30 Marzo 2017 in 12:54
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    ma… davvero scrivi articoli??? Ma quando me lo dici?!
    dai… il prossimo lo leggo… si…

  • 6 Aprile 2017 in 19:13
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    Ma è grave che non abbia la minima idea di chi sia sto Dado e legga solo i tuoi articoli?

    Comunque dai retta a un cretino: meno cravatte e più pantaloni aperti.

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