Giocare Old School | GDR

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Cominciamo con l’open world da esplorare. Nella Old School il focus è sull’esplorazione: perlustrare un’area pericolosa e ben definita (un dungeon, oppure una porzione di wildland) costituisce il principale elemento di divertimento ed è ciò che i personaggi devono fare.
Stiamo parlando, come avrete capito, di una “sandbox“, tecnica di preparazione di un’avventura su cui non mi dilungo perché se ne è già discusso in altri articoli di questa rubrica. Anzi, per la precisione (e per ricollegarmi al primo articolo di Kastle) stiamo parlando di una sandbox “come struttura”, escludendo la sandbox “come tecnica” (che è invece tipica di certi gdr narrativi di nuova generazione, come ad esempio Dungeon World).

Spesso non c’è un motivo specifico per cui l’area in questione debba essere esplorata, al limite ci sono dei pretesti che fanno colore. Ne “La Rocca sulle Terre di Confine”, ad esempio, bisogna andare a caccia di mostri in quanto brutti e cattivi; “La Città Perduta” ci manda in cerca di acqua e cibo; ne “l’Isola del Terrore” siamo semplicemente naufraghi su un’isola sconosciuta.
Si esplora, dunque, per il gusto di esplorare, e l’obiettivo forse più concreto è la raccolta dei tesori, in quanto sono ciò che permette ai personaggi di potenziarsi.
Per quanto riguarda la mancanza di trame predefinite, sebbene il mondo fantastico in cui ci si muove non sia necessariamente statico (i mostri che sono già entrati in contatto con i PG possono riorganizzarsi, braccarli, stringere alleanze, ecc), non è previsto, generalmente, che debbano accadere eventi particolari, cioè non c’è una storia da seguire, ma solo quella che al limite può derivare dalle azioni dei personaggi.

Molto del divertimento, nella Old School, è anche dovuto alla componente di rischio. Senza arrivare a estremismi come “Tomb of Horror”, che secondo me frustra completamente la voglia di esplorare dei giocatori, la consapevolezza che la morte è dietro l’angolo, e che non tutti i nemici possono essere sconfitti con la forza bruta, rende l’avventura assai più eccitante!

Per questo motivo un gdr Old School deve avere un regolamento semplice. La costruzione dei personaggi in stile terza edizione può piacere a molti (a me non troppo), ma è inappropriato per questa modalità di gioco, sia perché i PG vanno e vengono (pace all’anima loro) sia perché si tende a reclutare seguaci (ciascuno con la propria scheda) che facciano da carne da macello, sia perché preparare una bella sandbox con un regolamento complesso e un sistema di bilanciamento degli incontri è un lavoro inumano per il master.

Va da sé che, a livello di capacità, i PG di una stessa classe si assomigliano un po’ tutti. La caratterizzazione, se vi piace (a me si), viene fatta a livello di colore (tratti di personalità, descrizione).

“Ruolare” è possibile, ma non indispensabile. E tuttavia l’interpretazione del personaggio è spesso una piacevole conseguenza della componente free-form che caratterizza questa modalità di gioco. Non essendovi prove di Diplomazia, di Intuizione, di Percezione per notare i dettagli, quasi tutti gli aspetti del gioco che esulano dal combattimento sono lasciati alla libera interazione tra i giocatori e il master.
“Provo a convincerlo”, “ispeziono la stanza” e affermazioni simili non bastano: è necessario narrare come si conduce una trattativa, esplicitare dove si sta cercando esattamente e affidarsi al proprio intuito personale per capire se un png ci sta mentendo oppure no (a questo proposito, suppongo che l’introduzione degli allineamenti morali sia stata fatta per far sì che i giocatori tenessero una linea di condotta più o meno omogenea nel trattare con i png). Spesso l’ingegno dei giocatori è l’unico modo per superare sfide che, affidandosi ai dadi, risulterebbero impossibili!
Certo, con questo sistema è il master che decide, a proprio insindacabile giudizio, l’efficacia dell’operato dei PG, e questo può non piacere, ma d’altronde, nella Vecchia Scuola, si è sempre fatto così (infatti trovo che il titolo dato al mio retroclone preferito, Labyrinth Lord, sia geniale).

Infine, un’ultima peculiarità della Old School è l’utilizzo di tante belle tabelle (per i mostri erranti, per i tesori, per le reazioni, per i seguaci, per le cortigiane che si possono incontrare in locanda…) che rendono ulteriormente rischiosa e spesso completamente imprevedibile l’avventura. Per sorte beffarda potremmo infatti imbatterci in un pericoloso troll appena messo piede fuori città, oppure in una pattuglia di goblin amichevoli, e potremmo trovare una tana del drago vuota mentre una spada vorpal giace abbandonata in una caverna di pipistrelli.

Ecco, questo è il gameplay del primo D&D (per come l’ho compreso io) e di tutti i gdr di quell’epoca (come ad esempio Tunnel & Troll). Progressivamente, già nei primi anni 80, questa modalità di gioco venne abbandonata a favore del railroading, principalmente per due motivi: perché i giocatori volevano vivere storie più articolate e perché non volevano che i loro amati PG morissero tanto facilmente.

Che poi non è che il railroading (o “avventura a eventi”, come viene chiamato nei manuali della terza edizione) sia peggiore a prescindere: è che negli anni è stato ammantato da una cappa di becero illusionismo per cui i Game Master pretendevano di far credere ai giocatori che avevano libertà assoluta, mentre già dopo un paio di partite era chiaro a tutti che si trattava di una fesseria, e tuttavia nessuno diceva niente. E tutto questo è stato controproducente per il divertimento, per il dialogo e per eventuali nuove sperimentazioni.

L’importante, come dicevo all’inizio, è sapere quello che si sta facendo, avere ben chiaro il gameplay. Se ciò che devo fare nell’avventura in corso è trovare gli “agganci” per procedere nella storia, è importante che io giocatore lo sappia! Pensare che posso fare quello che voglio e poi vedere frustrato o mistificato ogni mio tentativo d’azione non è affatto divertente, per nessuno. Anche perché poi magari delle scelte (limitate) le ho veramente, ma se il master mi ha pilotato fino a quel momento, non avrò la percezione che siano rilevanti e finirò per lasciarmi trasportare dagli eventi.

Anche quando si gioca in modalità Old School è importante saperlo. È importante perché, se magari sono abituato a un’altra modalità, devo sapere che potrei incontrare avversari molto più forti di me. Che ho la possibilità di proporre alternative concrete al combattimento. Che potrei morire per un tiro di dadi sbagliato e che per trovare certi indizi devo porre le domande giuste.

Non è semplice. Non è semplice giocare con un gameplay coerente al 100%; anzi, è davvero difficile. Non è facile collaborare con chiunque per realizzare un’esperienza di gioco soddisfacente per tutti. Tuttavia senza impegno, come in molti aspetti della vita, non c’è divertimento.

 

Sikander, la Faretra

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