Pantone – the Game | recensione a colori
di Max “Luna” Rambaldi | Pantone – the Game
E’ quadrato, colorato e ogni suo dannato pixel è coperto da marchio registrato. Pantone™. Quello sì che è potere, mi basta sentirne il nome per tremare. Pantone. Brrr, dillo di nuovo. Pantone, Pantone, Pantone!
Sono circondata da un branco di idioti. E hanno tutti la mia faccia.
Pantone™ – the Game | by Cryptozoic
Se siete grafici o avete anche solo dovuto stampare un libercolo in vita vostra, che non fosse una tristissima tesi in bianco e nero sulla progettazione di un sistema di enterprise search, vi sarete imbattuti nei pantone. Pure se lavorate nella moda, nel campo della cosmesi, della pubblicità, se avete riverniciato il soggiorno o aperto Pinterest. O se ad esempio avete gli occhi.
Dopo il sistema metrico c’è Pantone™, l’unità di misura del colore e dell’odio per la tipografia. Dalla ditta americana, alle palette su Instagram, direttamente al tavolo ludico, una fetta del mio cuore di illustratrice è stata estratta per farne un gioco.
E’ degno del suo altisonante nome, o solo l’ennesima ciofeca di marca dopo l’acqua della Ferragni? Ebbene, secondo me, non solo è un gioco, ma un filler di tutto rispetto.
| Come funziona?
La scatola contiene delle piccole carte: 16 tinte pantone presenti ognuna in quadruplice copia, e dei mazzetti di personaggi. Ogni giocatore avrà in mano 3 personaggi segreti che andranno fatti indovinare agli altri giocatori, nell’arco di 3 turni.
Durante il primo giro si potranno utilizzare tutte le carte-pantone che si desiderano per far intuire la risposta. Nel secondo round si potrà usare una sola carta per colore, e nel terzo round si avranno a disposizione solo 3 carte, ma di qualsiasi colore. Se nessuno è in grado di indovinare in base alla nostra rappresentazione colorata, si andranno via via a leggere gli indizi presenti sulla scheda del nostro Mr. X, cosa che farà tuttavia calare il numero di punti che si andranno a guadagnare.
| Pro
In primis la confezione si presenta molto bene: che sia un prodotto di design è chiaro sin dalla copertina, dal modo elegante in cui si estrae il vano porta carte, e dal display delle carte stesse. Ma il concept del gioco regge il confronto con l’esterica?
Il meccanismo per cui gli umani riconoscono prima le combinazioni di colori che non le forme viene sfruttato egregiamente, dando modo sia di sfidarsi sul filo del secondo quando ci si trova a dover azzeccare personaggi dalle tinte iconiche, come ad esempio la maglietta a righe gialle e nere di Charlie Brown, o più comunemente cercando di entrare nella testa dei nostri compagni quando ritengono che piazzare una carta gialla di fianco a una bianca col bordo blu sia un un indizio lampante.
I 16 colori a disposizione devo dire che son stati ben pensati, e finora hanno coperto piuttosto bene la gamma richiesta dai vari protagonisti di film, fumetti e cartoni animati. Un bel salto nella cultura pop, soprattutto per i fan della Marvel.
Pantone™ – the game nell’ultimo mese è stato il tappabuchi per eccellenza tra una partita e l’altra o in attesa della pizza. Quel piede che impedisce alla porta di chiudersi quando sei già per le scale pronto a tornare a casa. E’ semplice, ma non banale. Ti da anche da pensare. Quale dei tre personaggi sarà possibile creare con sole 3 carte? Un puffo ad esempio, di un bel bianco-azzurro-bianco. E quale non necessita più di una carta per colore? Magari non Babbo Natale…
| Contro
Di contro ci vedo poco, dettagli trascurabili in un boardgame che ci ha appassionati abbastanza da rendere irrilevante il conteggio dei punti e l’avere un vincitore, ma li elencherò per chi dovesse trovarle pecche intollerabili.
Non c’è nulla che somigli a un segnapunti, nemmeno un blocchetto di carta smauca, o a una clessidra. Considerando che si hanno 30 secondi per comporre la nostra creazione si finisce per andare a spanne, ma chi ha realmente voglia di fare il puntiglioso su quanto ci hai messo a costruire l’Enterprise in fondo?
La lingua inglese infine per alcuni potrebbe essere un limite, per quanto si tratti solo di nomi come Green Lantern o Rick Sanchez talvolta gli indizi risultano veramente poco utili se non fuorvianti.
| Ve lo consiglio?
Per me è un pezzo che merita di far presenza sullo scaffale di chi A. vuole fare l’elegantone e B. chi vuole un party game che regga un numero consistente di giocatori, dovessero pure essere di quelli con la soglia di attenzione di una noce brasiliana. Ha pure il pregio di far sentire a loro agio coloro i quali non posseggono particolari inclinazioni artistiche, perchè tanto son solo macchie accostate.
Probabilmente è un gioco che accusa in tempi brevi degli acciacchi della longevità, in quanto macinando una partita in fila all’altra i mazzi coi nomi tendono a volatilizzarsi, ma per sua natura credo che sia un fattore facilmente arginabile con mazzi home made, che potrebbero addirittura dargli un pizzico di pepe in più, andando a incontrare ancora meglio i gusti e le conoscenze del vostro gruppo di gioco.
Se solo le carte avessero incluso anche i #codici colore, sarei stata davvero una bimba felice.