Il gioco veste Prada: dietro la grafica di un boardgame

di Max “Luna” Rambaldi

E insomma, ‘sta gente che sparisce dalla redazione di Gioconauta senza ragione…

Dopo aver illuminato le vostre menti con gli articoli di Plautus dedicati alla nascita di un gioco, dal game design al playtest, è giunto il momento di rinvigorire la materia grigia con un po’ di colore. Perchè oltre alla struttura e alle meccaniche, buona parte del sottile feeling che ci lega ai nostri giochi preferiti passa per la grafica.

Vi narrerò quindi del primogenito della neonata Horrible Games: Co-mix.

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Partiamo dal presupposto che Co-mix è un gioco che parla di fumetti, e si trova a dover far coesistere 2 mondi i cui usufruitori hanno necessità diverse, per quanto si possa essere sia giocatori che appassionati di fumetti.
Il prototipo che avevamo provato alla Modena Play era molto simile a un fumetto.

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Illustrato dal bravissimo Matteo Cremona, sebbene abbozzato, già all’epoca si presentava con eleganza, nella semplicità del bianco e nero della china.
Il colore è dispersivo, appiattisce il meraviglioso contrasto dell’inchiostro sulla carta, e magari va pure a cozzare con la gamma di colori che il lettore si aspetta. Insomma. A me piace pensare a una donna in rosso, a te in blu, ed ecco che il colorista le pimpa l’abito di rosa pastello, secondo le usanze di Topolinia.

Ma non bisogna dimenticare che si sta parlando di un giuoco. Narrativo e possibilmente chiassoso. Un Co-mix abbigliato con sobrietà sarebbe risultato triste come un mimo triste al decimo compleanno del piccolo Timmy. Ragion per cui Lorenzo Silva, da buon padre del gioco, decise per il colore.

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Ma quale? Un gioco deve avere una sua coerenza visiva. Basti pensare alla mazzuolata di colore di un Seasons, che resta vivido dalle plancette sino ai dadi, o al dark estremo e puccioso di un Mice & Mystics.
E se vi vengono in mente giochi dove la componentistica contiene 8 stili diversi di disegno e colore… Beh, devono avere delle gran belle meccaniche per non essere lanciati nel tritadocumenti.

Gioco divertente chiamava toni pop, per non ritrovarsi ancora una volta col mimo nascosto sotto al tavolo. L’altro punto che in principio era stato fissato, era la similitudine che doveva correre tra tutte le vignette, non sapendo quali sarebbero finite accostate. Ma quale palette poteva essere un punto d’incontro tra un cimitero e il primo piano di una sposina?

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Bisognava inoltre tenere conto che ogni vignetta racconta storie diverse: fantascienza, noir, magici bimbiminkia e antichi manieri, che per loro stessa definizione puntano a tonalità diversissime.
Cosa aveva priorità? Il senso della scena, o un numero ristretto di colori che facessero da base comune?

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Dopo i primi provini fatti per trovare uno stile che si adattasse alle chine di Cremona e al carattere del gioco stesso, la direzione da prendere si era delineata da sè: la personalità aveva vinto sulla somiglianza.

La costante cromatica scelta per luci e ombre è stata il passo iniziale per trovare la giusta colorazione.
Finalmente, con le prime decine di vignette c’era abbastanza materiale per poter ipotizzare una mano di gioco e capire se funzionasse o meno. Le prime tavole si muovevano tono su tono, ma quelle finali puntavano a contrasti più forti che rendevano immediata l’identificazione dei vari elementi, e sembravano funzionare meglio.

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Ma la grafica non è solo colpo d’occhio, deve essere anche funzionale al gioco. Un tabellone prima che esteticamente gradevole necessita d’essere comprensibile e pratico, con scritte che non sfidino le diottrie di chi gioca, spazi chiari e delimitati. E poi, possibilmente piacevole.

In questo caso il punto forte erano le storie e i possibili intrecci. Le carte dovevano perciò supportare le trame. Come? Si è scelto di ricreare i personaggi classici delle grandi avventure: archeologhe formose, robot, scienziati pazzi, bellimbusti e detective, ognuno dei quali presente in più scene assieme a oggetti che spuntano qua e là, anch’essi ripetuti e nascosti in più vignette, in modo da fornire spunti per collegare tra loro ambienti diversi.

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La strada per il completamento delle 300 vignette è lunga, ma l’abito sarà pronto in tempo per la fiera del gioco e del fumetto per eccellenza… Vero?
Forse, ammesso che Max smetta di scrivere articoli e torni a colorare…

4 pensieri riguardo “Il gioco veste Prada: dietro la grafica di un boardgame

  • 25 Novembre 2014 in 18:29
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    Ce l’ho fatta, finalmente sono riuscito a giocare a Co-Mix ^_^’
    Devo dire che l’esperienza è stata positivissima e che tutti i possibili dubbi derivanti da questo genere di giochi sono stati fugati.
    Provato con 3 e 5 coppie, il gioco si è dimostrato ugualmente snello e veloce ed il sistema utilizzato per l’assegnazione dei punteggi è una piccola perla. Temevo molto che il gioco risentisse della “simpatia” dei giocatori, per cui si tende a votare solamente la storia che ci piace di più (quindi io che apprezzo il genere fantasy sono tendenzialmente portato a votare la coppia che crea storie fantasy).
    Non è stato così ed i punti si sono distribuiti in maniera abbastanza equa, grazie alla possibilità di votare su tre caratteristiche distinte (fluidità della storia, originalità ed emozioni trasmesse dalla stessa).
    Per finire, vengono dati punti ai giocatori che hanno votato la storia che ha raccolto maggiori consensi in questi tre ambiti, il che mi è piaciuto molto e ha dimostrato ancora una volta la quantità di tempo investito nel cercare di creare un metodo di punteggio intelligente e ben studiato pur rimanendo semplice. Tanto tempo speso anche nell’accoppiare le immagini delle varie carte che permettono sempre di creare una storia interessante ^_^’
    Peccato veniale, se glielo vogliamo trovare, è lo spessore delle plance dei giocatori, ma risulta ininfluente in termini di gioco.
    Apprezzabile la possibilità di giocare in “modalità avanzata” utilizzando 9 vignette anziché 6.
    Direi che ci sono tutti i presupposti perché Co-Mix diventi un classico nella sua categoria.
    Per apprezzarlo al meglio consiglio di far ruotare i giocatori per evitare che coppie particolarmente affiatate si ritrovino a giocare tutte e tre i turni insieme.

  • 2 Luglio 2015 in 12:25
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    Co-mix si fa internazionale grazie alla Ares Games che ne curerà l’edizione inglese!

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