Keltis – Il gioco di carte: la rivincita del Pesca e Gioca
di Walter “Plautus” Nuccio
Secondo i canoni del game design moderno, le meccaniche del tipo “pesca e gioca” non dovrebbero nemmeno essere prese in considerazione: com’è possibile che si possa costruire un piano, una strategia, quando gran parte del gioco consiste nel pescare carte a caso da un mazzo? Tuttavia questo pensiero, come accade anche in altri casi nel game design, è frutto di un pregiudizio: diversi autori hanno dimostrato, e in più di un’occasione, come sia possibile costruire giochi molto interessanti partendo da una meccanica semplice come questa e “correggendola” con opportuni accorgimenti.
Non ci riferiamo qui solo a giochi come Bang!, in cui è il meccanismo dei ruoli nascosti, più che la pesca, a rivestire un ruolo fondamentale nel gioco, e nemmeno a titoli come Munchkin, dove il fulcro del gioco è la varietà di effetti diversi innescati dalle singole carte. No, il pesca è gioca è presente anche in giochi tipicamente german, benché opportunamente affiancato da una serie di espedienti che forniscono al giocatore un discreto grado di controllo sulla partita. Uno di questi giochi è Keltis – Il gioco di carte, del grande Reiner Knizia.
Il gioco in breve
Keltis appartiene ad una famiglia di giochi dello stesso autore, che utilizzano sostanzialmente tante varianti di un’unica meccanica e che includono, tra gli altri, Lost Cities (Kosmos, 1999), Keltis (Kosmos, 2008), e Keltis – il gioco di carte (Kosmos, 2009). E’ proprio di quest’ultimo che vogliamo parlare.
L’idea centrale del gioco ruota attorno ad un classico pattern di collezione risorse: la Sequenza. Una Sequenza consiste in una successione ordinata di risorse, che si susseguono nella collezione rispettando un determinato criterio. In Keltis il giocatore deve formare delle sequenze di carte di valori ascendenti o discendenti, non necessariamente consecutivi. Le carte sono in 5 colori differenti e vengono calate disponendole su altrettante file. Quando il giocatore cala la prima carta di un dato colore, ad esempio un 4 Verde, dà inizio ad una nuova sequenza. Calando una seconda carta nella stessa fila, egli determina univocamente il carattere della sequenza: da quel momento in poi, infatti, dovrà proseguire secondo l’ordine determinato dalle prime due carte, ovvero con carte via via più alte o più basse. Ad esempio, se al 4 Verde il giocatore aggiunge un 6 Verde, le successive carte calate nella fila Verde dovranno essere di valore 6 o superiore e seguire un andamento crescente, anche non strettamente consecutivo (es. un 7, un 9 ecc.).
Il punto cruciale di tutto il sistema è naturalmente la meccanica di acquisizione: il giocatore ottiene nuove carte semplicemente pescandole da un mazzo. Com’è possibile, allora, che egli riesca effettivamente a controllare il suo gioco?
Pesca casuale e risorse “dummy”
Prima di rispondere alla domanda precedente, osserviamo che una situazione analoga si presenta anche in altri giochi: in San Juan (o in Race For the Galaxy, che utilizza una meccanica simile) il giocatore pesca a caso le proprie carte da un mazzo; ne I Coloni di Catan, invece, le carte-materia vengono ottenute grazie ad un tiro di dado. In casi come questi si può facilmente determinare una situazione in cui le risorse ottenute risultano pressoché inutili o comunque non funzionali alla strategia che il giocatore sta perseguendo.
E’ interessante notare che questo tipo di problema non ha un nome ben definito nella comunità degli autori di giochi, a differenza di altri difetti come il Kingmaking o il Runaway Leader. Io lo definisco problema della Risorsa Dummy, indicando con questo termine una risorsa di gioco che si riveli, in determinate circostanze, del tutto inutile o quantomeno inefficace in relazione alla strategia che il giocatore ha in mente. Probabilmente, il fatto che questa problematica non abbia un nome specifico si deve, paradossalmente, proprio alla sua gravità: mentre Kingmaking e Runaway Leader possono essere, almeno in alcuni casi, criticità tollerabili, al punto che si possono osservare in alcuni giochi editi, una Risorsa Dummy rappresenta un problema talmente serio che è raro ritrovarne una in un gioco finito (esistono tuttavia diversi esempi in tal senso) mentre è riscontrabile con grande facilità nei prototipi ancora grezzi.
Vediamo quindi come si può risolvere questo problema mediante diversi possibili approcci. San Juan, ad esempio, interviene in due modi: da un lato fa in modo che il numero di carte pescate durante la partita sia molto elevato, così da ridurre la probabilità che il giocatore non abbia nulla di buono nella propria mano; dall’altro fa sì che ogni carta sia utilizzabile anche come “mezzo di pagamento” per mettere a terra altre carte, cosicché nessuna carta è mai realmente dummy. Catan, invece, risolve il problema in un modo totalmente differente, dando la possibilità ai giocatori di scambiarsi risorse tramite il commercio.
Keltis utilizza un terzo approccio: le carte scartate da ciascun giocatore vengono messe scoperte sul tavolo in pile differenti, una per ciascun colore. Quando è il suo turno, il giocatore può decidere di pescare carte o dal mazzo coperto o dagli scarti; sostanzialmente, quindi, Knizia crea un miscuglio tra una classica meccanica di pesca casuale e un Draft, cioè una scelta esplicita in un insieme di risorse visibili. Con questo espediente prende due piccioni con una fava: innanzitutto il giocatore ottiene un maggiore controllo sulle carte acquisite; in secondo luogo si creano i presupposti per una buona interazione, dato che ciascuno può approfittare degli scarti dei suoi avversari. Da sottolineare, comunque, che la casualità non è eliminata ma semplicemente ridimensionata, dato che non sempre il giocatore potrà trovare negli scarti le carte che effettivamente gli occorrono.
Tipiche dinamiche di gioco
Con poche semplici regole Knizia crea un sistema di gioco dal quale emergono dinamiche molto interessanti. La prima che andiamo ad analizzare è legata ad un vincolo di inizio turno: il giocatore “deve” giocare una carta oppure scartarne una. Pertanto, dato che scartare è chiaramente una perdita di tempo, il giocatore cercherà tipicamente di predisporsi in modo da avere sempre una carta valida da giocare; ciò significa che dovrà cercare di costruire nella propria mano un progetto di sequenza, cioè di accumulare almeno 3 o 4 carte correlate, prima di iniziare effettivamente a calarle.
Le sequenze che si vengono a formare sono di lunghezza variabile: in base al numero di carte di cui sono composte il giocatore otterrà un diverso punteggio alla fine della partita. In particolare, una sequenza formata da una sola carta produce un Malus di 4 punti negativi, mentre dalla quarta carta in poi il punteggio diventa positivo e cresce in modo più che proporzionale col numero di carte. L’accumulo progressivo di carte è la principale sorgente di tensione nel gioco, tensione che diviene più forte man mano che si avvicina la fine della partita, innescata dall’esaurimento del mazzo. Questo criterio di terminazione aggiunge in effetti un elemento di incertezza, spingendo il giocatore ad un’ulteriore valutazione: qual è il momento migliore per smettere di aprire nuove sequenze di carte e concentrarsi sull’incrementare quelle già iniziate, ampliandole il più possibile prima che il gioco termini?
La meccanica di accumulo progressivo è inoltre un elemento che conferisce profondità strategica al gioco (sotto il profilo tattico non ci sono invece elementi di rilievo), ma rivela al tempo stesso un aspetto critico: il giocatore che inizia una sequenza senza avere la possibilità di proseguirla con carte già presenti nella propria mano può ritrovarsi improvvisamente il gioco un po’ bloccato, causa l’assenza di carte utili: è impossibile, infatti, disfarsi delle sequenze già iniziate e cambiare strategia. Ciò può apparire a prima vista un po’ frustrante, ma d’altra parte è la diretta conseguenza di una scelta del giocatore, per cui non riesco, sinceramente, a vedervi un difetto del gioco.
Conclusioni
Keltis appartiene alla schiera dei veri filler: semplice da spiegare, rapido da giocare e con un ottimo rapporto tra complessità delle regole e profondità strategica. Knizia dimostra come sia possibile prendere delle meccaniche classiche e riutilizzarle in forma migliorata, confezionando un sistema di gioco fruibile tanto da giocatori occasionali, che vi ritroveranno i concetti tipici dei giochi di carte francesi, quanto da giocatori più esperti, che avranno comunque l’occasione di dimostrare la propria abilità. In conclusione: un ottimo esempio di design “alla tedesca”, ma con un pizzico di alea e di freschezza, che non guasta mai.
A mio personalissimo avviso,
l’alea A MONTE (cioè prima) delle scelte dei giocatori è uno degli elementi principali che rende i giochi di Feld e Knizia pieni di scelte significative, pure con poche azioni tra cui scegliere (i dadi di Burgund, le mosse a disposizione di Kingdoms..)
A differenza di altri autori dove le azioni sono molto più pianificabili e deterministiche, e quindi per sopperire ad una scelta ovvia e noiosa si vanno ad inserire tante possibili mosse e valutazioni da fare (qualcuno ha detto Rosenbeg?)
Per cui nei miei progetti futuri mi sono ripromesso di inserire sempre, ove possibile, un elemento random che vada ad influenzare le scelte a disposizione dei giocatori.