Un pattern noto a tutti: Jolly

di Walter “Plautus” Nuccio

La “caccia” ai pattern, cioè a quelle idee che è possibile riscontrare in tanti giochi diversi, è ricca di sorprese. In alcuni casi l’idea individuata mostra delle caratteristiche marcate ed evidenti, e tuttavia non ha ancora una sua identità definita, non ha un nome. Ne abbiamo parlato nell’articolo precedente, dove è stato scelto il nome di “Corsa” per l’espediente che consiste nel premiare il primo giocatore che raggiunge un determinato obiettivo. E’ altrettanto frequente, però, imbattersi in concetti che sono talmente diffusi da aver acquisito già un nome ben definito, un nome che tutti gli addetti ai lavori o perfino i semplici appassionati conoscono. Un esempio lampante di questo caso è il Jolly. Sappiamo tutti cos’è un Jolly: a chi non è venuto in mente il classico ”giullare”, immancabile protagonista dei mazzi di carte francesi? Potremmo chiederci quale sia, in casi come questi, l’utilità di rappresentare il concetto sottoforma di pattern. Le motivazioni sono diverse, e qui voglio esaminarne alcune con voi.

Varianti e definizione

Il primo motivo è che può essere interessante individuare una definizione che racchiuda tutti i vari significati comunemente attribuiti al Jolly. Questa operazione è meno banale di quanto sembri a prima vista: quanti diversi usi della parola “Jolly” vi vengono in mente? Il primo a cui avrete pensato si riferisce sicuramente ai giochi di carte: nella Scala 40, nel Poker o nel Burraco, un Jolly è una carta che può assumere un valore ed un seme a scelta del giocatore; esso facilita la creazione di combinazioni notevoli di carte, come il tris (tre carte con lo stesso numero) o il colore (quattro carte con lo stesso seme).

locomotivaEstendendo un po’ questo significato, possiamo riconoscere un concetto simile nelle meccaniche che, chiedendo al giocatore di pagare un costo in risorse, gli lasciano in alcuni casi la libertà di scegliere che tipo di risorse utilizzare. Pensiamo, ad esempio, a Ticket To Ride, in cui il giocatore può occupare una tratta di collegamento tra due città scartando un set di carte del colore corrispondente a quello della tratta. In questo gioco il pattern Jolly fa la sua comparsa in due diverse forme. Una è quella tradizionale: la carta Locomotiva è un Jolly che può assumere un colore a scelta del giocatore; l’altra è quella di cui parlavamo prima: una “tratta jolly”, cioè un collegamento tra due città privo di un colore specifico, il cui costo può essere pagato utilizzando carte di qualunque colore, purché tutte uguali.

Una conferma che stiamo proseguendo sulla strada giusta possiamo averla anche ascoltando direttamente le persone mentre parlano di giochi. Ricordo che una volta, ad un incontro di autori di giochi, una mia amica stava descrivendo al suo compagno una meccanica appena osservata in un prototipo, utilizzando più o meno queste parole: “Tiri un dado e metti un omino in uno degli edifici corrispondenti al numero uscito; se tutti gli edifici con quel numero sono già pieni allora… è un jolly!”. Esempi come questo dimostrano la potenza espressiva che può avere una parola entrata a far parte di un vocabolario comune. Avrete infatti probabilmente intuito, senza che io lo abbia ancora dettagliato, cosa si intendeva per Jolly in quel contesto: il giocatore poteva porre l’omino in un qualsiasi edificio a sua scelta. Un esempio molto simile è presente in Keltis: il giocatore scarta una combinazione di carte per avanzare una pedina su un percorso scelto tra cinque, ciascuno dei quali corrisponde a uno dei cinque semi di cui è composto il mazzo. Quando il giocatore scarta una combinazione che si riferisce ad un percorso già completato, quella combinazione si comporta come un Jolly, cioè permette di avanzare su uno qualsiasi degli altri percorsi. In altre parole il Jolly rappresenta, in questi due esempi, un’azione a scelta tra quelle disponibili.

Sulla base degli esempi finora raccolti, una definizione di Jolly suonerebbe più o meno così:

Un Jolly è una risorsa o un’azione la cui natura precisa viene scelta dal giocatore.

keltisMa ecco che si insinua un dubbio. La tv è accesa e stanno trasmettendo un noto quiz televisivo: il concorrente ascolta la domanda, ci riflette un po’, esitando, e infine esclama: “gioco il jolly”. E ad un tratto è chiaro che siamo andati completamente fuori strada: la parola jolly è stata appena usata col significato di “seconda chance” o di “possibilità di eludere una domanda per passare alla successiva”. Un’accezione, quindi, molto diversa da quella utilizzata comunemente nei giochi da tavolo, talmente diversa da apparire quasi come un abuso di linguaggio. La mia opinione è che, dovendo redigere un catalogo di pattern relativi ai soli boardgame, possiamo serenamente ignorare eccezioni come queste e prendere per buona la definizione che abbiamo dato sopra.

Quali conseguenze produce?

Il secondo motivo che ci spinge ad analizzare il Jolly in quanto pattern è la volontà di individuare le possibili ripercussioni che esso ha sul sistema di gioco. L’analisi delle conseguenze prodotte da un pattern rappresenta infatti un valore aggiunto anche quando parliamo di concetti talmente noti da apparire (quasi) scontati. Possiamo chiederci quindi: a cosa serve un Jolly? Quando è possibile utilizzarlo e quand’è che il suo utilizzo diventa addirittura indispensabile? Se ne avete voglia, potete provare a dare una risposta personale a queste domande prima di proseguire.

Il principale effetto di un Jolly dovrebbe ormai essere evidente: il pattern aumenta le scelte a disposizione del giocatore e gli consente una maggiore flessibilità tattica o strategica. Completare un “poker d’assi” o chiudere una tratta di lunghezza “6” a Ticket To Ride è certamente più semplice se il giocatore può far uso di uno o più Jolly nella propria combinazione. Un Jolly, dunque, può facilitare il raggiungimento di un dato obiettivo.

Sembra quindi che sia opportuno introdurre un Jolly quando vogliamo dare al giocatore un maggiore controllo sul sistema di gioco e sull’acquisizione delle risorse necessarie per progredire, in particolar modo quando l’assegnazione di tali risorse è legata ad un meccanismo di estrazione casuale. Ne era ben consapevole Paolo Mori quando ha creato Augustus. In questo gioco vengono estratti da un sacchetto alcuni gettoni-simboli, la cui quantità complessiva varia a seconda del simbolo: si va dalle “spade”, le più frequenti, fino al “pugnale”, di cui è presente un solo esemplare. L’estrazione casuale di questi gettoni, uno per turno, permette ai giocatori di completare le loro tessere obiettivo; va da sé che le tessere che richiedono uno o più pugnali sono più difficili da completare. Difficili, sì ma… non troppo, perché Paolo ha sapientemente inserito nel sacchetto due gettoni Jolly: quando estratti, ciascun giocatore può trattarli come un simbolo a piacere. Questo espediente, oltre a dare un tocco di freschezza alla meccanica e a fornire un’ulteriore scelta al giocatore, aumenta “virtualmente” il numero di simboli presenti nel sacchetto: grazie ai due Jolly, infatti, è come se ci fossero due pugnali in più, due spade in più, e così via, per ciascun simbolo.

Cosa deve stabilire il designer?

Analizzare le conseguenze di un pattern è utile, ma probabilmente non è sufficiente. E’ importante anche chiarire in che modo il designer può intervenire sul pattern, calibrandone i parametri per adattarlo alle proprie specifiche esigenze. Questo è un ulteriore incentivo a proseguire nell’analisi. Senza dilungarci troppo, ci limitiamo qui a porci una domanda fondamentale: se un Jolly rende più facile il completamento di un obiettivo, non è per caso consigliabile che chi voglia utilizzarlo subisca, per così dire, una sorta di penalizzazione, in modo da controbilanciare il vantaggio ottenuto? Naturalmente non esiste una risposta generale, poiché dipende dal gioco specifico, ma in alcuni casi la risposta è sì, come dimostra un esempio tratto da Scarabeo: il giocatore che compone una parola senza usare lo scarabeo-jolly beneficerà di un bonus in punti maggiore rispetto a chi avrà composto la stessa parola utilizzando uno scarabeo; per di più, il giocatore che al termine della partita dovesse avere uno scarabeo inutilizzato nella propria mano, riceverà un’ulteriore penalizzazione in termini di punteggio.

Conclusioni

Prima di concludere è doveroso aggiungere una precisazione: questo breve articolo non rappresenta un’analisi esaustiva delle potenzialità e delle caratteristiche del pattern. In un catalogo che si rispetti occorrerebbe procedere diversamente, definendo per ciascun pattern una scheda, dotata di una struttura più precisa e formale, che permetta anche di evidenziare le relazioni che esistono tra i vari pattern, così da individuare  più facilmente quelli si escludono mutuamente o che, al contrario, si completano l’uno con l’altro. L’intento di questo articolo è semplicemente quello di dare un’idea delle potenzialità di questo approccio.

Plautus

Walter (Plautus) Nuccio è un appassionato di giochi da tavolo e di game design, disciplina della quale ama indagare ed approfondire gli aspetti teorici. Ha partecipato al concorso Miglior Gioco Inedito Lucca Games 2011, arrivando in finale con Evolution.

Un pensiero su “Un pattern noto a tutti: Jolly

  • 3 Febbraio 2014 in 19:12
    Permalink

    Trovo importante sottolineare la rilevanza delle parole in un boargame. Calzante l’esempio dell’amica che riassume tutta la regola utilizzando il nome del pattern.
    Tra gli altri esempi celebri di jolly c’è quello del Risk… che felicità pescarlo!
    Aspettiamo altri pattern ;-)

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