La Rocca sulle Terre di Confine, ovvero: ai Goblin (non) piace fare solo quello

di Mauro “Maurino” Ferrarini

Il Caos si nasconde ai confini del Regno … Da lunghi anni la Rocca sulle terre di confine è il primo baluardo contro le forze del Caos. Qui si narrano le storie meravigliose degli arditi guerrieri che sfidarono le forze del male per proteggere la libertà del Regno.

È questo l’incipit che possiamo leggere sulla quarta di copertina de La Rocca sulle Terre di Confine, un modulo d’avventura per Dungeons & Dragons Base (la celeberrima “scatola rossa”), scritto da Gary Gygax nel 1980 ed edito cinque anni dopo dalla Editrice Giochi per il mercato italiano.

Probabilmente questo modulo d’avventura è stato giocato e/o acquistato da moltissimi giocatori italiani che si sono avvicinati per la prima volta al gioco di ruolo per eccellenza circa trent’anni fa. Sicuramente è stato uno dei più giocati in assoluto insieme a molti altri scenari ideati dal padre di Dungeons & Dragons.

Il fascicolo con la copertina blu ed illustrato dal trio La Force, Otus e Roslof è un prodotto particolare che merita un approfondimento per i suoi contenuti e per la struttura: uno scenario già pronto ma ricco di spunti per farlo diventare la base di una campagna personalizzata di qualunque Dungeon Master di buona volontà; un mini compendio delle regole per arbitrare correttamente le avventure di D&D e un primo assaggio delle potenzialità del gioco di ruolo. Buon ultimo, ma non meno importante, La Rocca sulle Terre di Confine è stata una delle avventure che ha avuto l’onore di una riedizione nel 1999, in occasione del Silver Anniversary per i 25 anni dalla nascita della TSR, con il titolo Return to the Keep on the Borderlands di John Rateliff per Advanced Dungeons & Dragons.

Insomma, c’è parecchio materiale per una recensione e per un breve confronto tra il prodotto originale di papà Gygax e il figlio (spurio) di Rateliff.

1-cc50e1a202La Rocca sulle Terre di Confine è un modulo d’avventura per DM non pigri. Mi spiego. Pur contenendo tutto ciò che occorre per giocare senza interventi da parte del Dungeon Master, lo scenario dà il meglio di sé quando lo si utilizza valorizzando gli spunti che Gygax dissemina con generosità lungo la via.

La struttura del modulo d’avventura è classicissimo: nulla di sorprendente, ricordiamo che è stato scritto oltre 30 anni fa. Il gruppo di avventurieri, alle prime armi, viaggia alla volta della Rocca, l’ultimo baluardo ai confini del regno del Granducato di Karameikos contro le incursioni del Male (quello con la “M” maiuscola), per guadagnare ricchezze e farsi un nome tra gli eroi leggendari che hanno difeso l’umanità. Non ci sono, almeno all’inizio, altre motivazioni. Una volta giunta a destinazione, gli avventurieri devono interagire con i vari abitanti della Rocca per raccogliere dicerie, ricevere indizi e aiuti e organizzare il viaggio fino alle Caverne del Caos.

E qui sta l’abilità del Master per rendere un buon modulo un ottimo modulo di avventura, degno di essere ricordato dai giocatori anche ad anni e anni di distanza. Ecco quindi che la tabella delle dicerie (20 dicerie alcune vere, altre solo parzialmente, altre totalmente false) diventa uno strumento prezioso nelle mani del DM per calare i giocatori nell’avventura e seminare tracce che spingano i loro personaggi a mettersi in viaggio. In caso contrario … beh, La Rocca sulle Terre di Confine si tramuta in un banale dungeon in cui tra un massacro di goblin e una pulizia etnica di bugbear gli avventurieri tornano a dormire tra le robuste mura del castello.

Ma l’abilità di Gary Gygax sta proprio nell’avere ideato un meccanismo che lascia libero spazio alla fantasia del (bravo) Dungeon Master, fornendo però strumenti per aiutarlo nella conduzione dell’avventura. Ecco allora, per esempio, il personaggio del prete girovago e dei suoi silenziosi accoliti, giunti alla Rocca e alloggiati nella parte più comoda della struttura fortificata. Il prete è un uomo gioviale, pronto a discutere con chiunque di questioni prosaiche o di filosofia, ma mai imponendo il suo punto di vista. Un valido avversario delle forze del male a quanto pare … o forse no? E perché i suoi giovani accoliti non proferiscono mai parola con alcuno?

20141116_163202Girovagando per la Rocca, i personaggi potrebbero fare la conoscenza del ricco mercante di gemme e della procace moglie o, ancora, dello scriba personale del Castellano che potrebbe avere qualche racconto interessante sulle origini del Male in queste terre. I tratti dei personaggi che si incontrano nella Rocca sono appena abbozzati, come delle gemme grezze a cui il DM deve dare lucentezza con qualche tratto aggiuntivo basato sull’idea che ha in mente di strutturare la campagna. Gygax non fornisce i nomi dei vari PNG (personaggi non giocanti), ma riesce a tratteggiarli con pochissime parole che danno lo spunto: “l’anziano guerriero in pensione”, per esempio, o il robusto e corpulento sergente della guardia “che ama bere e schiamazzare”.

Le Caverne del Caos, vero e proprio centro nevralgico dell’avventura (ricordiamo che stiamo parlando di uno scenario Gygaxiano dove l’esplorazione e il combattimento sono la parte importante di tutto l’impianto narrativo) sono un altro blocco che fa de La Rocca sulle Terre di Confine una pietra miliare di Dungeons & Dragons. Il dungeon si sviluppa su più livelli a partire da una valle tetra nascosta nelle terre selvagge. I livelli del dungeon, però, sono tutti accessibili fin da subito: questo significa che un gruppo particolarmente sfortunato o avventato potrebbe concludere prematuramente la propria carriera, andandosi a infilare in qualche anfratto infestato da creature e avversari al di fuori delle proprie capacità. Anche in questo caso occorre un accorto lavoro del DM per indirizzare il gruppo prima verso le aree più accessibili, consentendo ai personaggi di apprendere via via sempre maggiori informazioni sulla struttura delle Caverne del Caos e, infine, sul male che si sta risvegliando a causa del Gran Sacerdote del Male, nascosto con le sue orde di morti e preti malvagi in una delle aree più inaccessibili.

20141116_163250Le Caverne sono abitate da varie tribù di umanoidi malvagi. Gygax non ci spiega perché gruppi così eterogenei possano coesistere insieme in un luogo tanto ristretto senza massacrarsi a vicenda. Ma, ancora, un DM sapiente può suggerire che sia una volontà più forte a tenere unite le bande di mostri, controllando i loro istinti selvaggi (il Gran Sacerdote, ovviamente!). Si tratta di un plot che sarà poi sapientemente ripreso anni dopo da R.A. Salvatore nel primo libro della trilogia delle Lande: Le Lande di Ghiaccio.

Gygax avverte anche che i mostri non sono “congelati” nelle loro stanze, aspettando le bande di avventurieri in cerca di massacri e tesori. I mostri si muovono, stringono alleanze, cercano aiuto nelle creature più forti (l’Ogre o il Minotauro, per esempio), preparano trappole!

Infine un’ultima nota sulla parte dedicata al trasferimento del party di prodi avventurieri dalla Rocca alle Caverne del Caos. A differenza di altri scenari della serie “B” (Basic) per D&D scatola rossa, La Rocca sulle Terre di Confine propone anche alcuni incontri nelle terre selvagge; un altro “regalo” di Gygax che così inizia a prefigurare ai DM alle prime armi la possibilità di estendere le proprie avventure al di fuori dei (ristretti) confini dei dungeon … paludi, oscure foreste infestate e colline brulle si frappongono tra la sicurezza della rocca e gli ingressi delle caverne. Non si tratta semplicemente di una serie di statistiche, ma anche di spunti per sviluppare ulteriori incontri a patto, come abbiamo già sottolineato, che il Dungeon Master non sia troppo pigro. Penso, per esempio, all’eremita pazzo della foresta oppure ai miseri resti scheletriti dell’elfo ucciso dai ragni giganti (vedove nere giganti, per amore di precisione): si tratta di elementi che possono condurre ad altre avventure oppure l’occasione per il DM di introdurre indizi ed elementi personalizzati nello scenario.

Quasi vent’anni dopo

B2ModuleCoverNel 1999, quasi vent’anni dopo l’uscita dell’originale, esce un nuovo scenario, sempre ambientato tra la rocca e le Caverne del Caos. A firmare questo Return to the Keep on the Borderlands è un veterano della seconda generazione di autori della TSR, John D. Rateliff, incaricato di lustrare la gloria dello scenario in occasione del Silver Anniversary, il 25° anno di vita della TSR.

I tempi sono cambiati e lo scenario è molto dettagliato, snaturando lo scopo originario dell’avventura: una palestra per allenare i DM principianti nella “nobile arte” del dungeon mastering. Sono passate alcune decadi da quando le Caverne del Caos furono liberate dal Male che vi si annidava e la Rocca sulle Terre di Confine è diventato un sonnacchioso avamposto alla periferia del reame … se non che, ovviamente, un altro manipolo di pazzi cultisti di Nergal, dio dell’Oltretomba e dei Demoni, pensa bene di rinverdire le tradizioni e di porre le basi dello spregevole culto nello stesso luogo. Ovviamente i cattivi non imparano mai dalla storia.

Aldilà di questo antefatto, la struttura dello scenario è simile al precedente, seppure con una maggiore attenzione da parte dell’autore per definire caratteri e situazioni. È un bene o un male? Per chi non ha tempo per la preparazione delle avventure, questo Return to … offre senz’altro un maggiore aiuto. Sono descritti nel dettaglio alcuni personaggi alla Rocca e vengono fornite precise linee guida per le avventure all’interno del castello. Il viaggio verso le Caverne del Caos è decisamente più articolato con numerosi incontri, tutti descritti nei minimi particolari. Le Caverne sono le stesse (ma la mappa è a colori a differenza dell’originale). Le vecchie tribù di umanoidi sono state decimate o scacciate dai cultisti di Nergal … ma … manca la magia della scoperta, della possibilità di plasmare un mondo con le proprie mani e quindi, a parere di chi scrive, il reboot de La Rocca sulle Terre di Confine manca il bersaglio, diventando una anonima avventura come ce ne possono essere tante. Un must per i collezionisti, ma nulla di memorabile per tutti gli altri.

9 pensieri riguardo “La Rocca sulle Terre di Confine, ovvero: ai Goblin (non) piace fare solo quello

  • 21 Novembre 2014 in 10:55
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    Benvenuto Maurino! :)

    E complimenti per l’analisi di questo modulo che è davvero un pezzo di storia :)

  • 21 Novembre 2014 in 13:57
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    Saró banale ma avventure cosi belle non le fanno più. Tutto aveva un senso di magico

    • 24 Novembre 2014 in 14:10
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      Possente Maledice sono d’accordo in parte… ovvero così “Epiche” forse no.
      Non ne hanno più scritte.
      Però ne esistono di “recenti” molto valide e belle:

      – The Rod of Seven Parts
      – Night Below
      – Dragon Mountain

      …e tutta la Saga della Città di Tyr in DarkSun….

      Tornando al discorso principale le avventure dei primordi pur non avendo una struttura conseguenziale solida possedevano, di contro, descrizioni dettagliatissime che lasciavano al DM l’onere (ed il piacere) di lavorare molto sull’innesto del modulo stesso in una campagna o sui collegamenti della trama interna (cosa che onestamente trovo giusta e non mi è mai dispiaciuta)

      (ricordo ancora The Forgotten Temple of Tharizdun… in cui Gygax da uno sfoggio di capacità descrittiva dei dettagli che rasenta il maniacale… pur possedendo sessioni molto slegate fra loro)…

      Uno dei più belli che abbia mai giocato resta il B10 (riadattato con il mio gruppo anche in Ad&d) L’Oscuro Terrore della Notte. Non credo che esisterà mai modulo Campagna così completo.

      Adesso mi stoppo altrimenti sproloquio :)

  • 21 Novembre 2014 in 14:13
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    a me Gygax è sempre piaciuto. Il suo stile unico che gli faceva dire: non mi importa sapere perché il mago è diventato cattivo! Io dico, andiamo alla sua torre e uccidiamolo

  • 24 Novembre 2014 in 18:25
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    Sarà che oramai (dopo più di vent’anni che gioco di ruolo) ho visto di tutto, però il senso di “magico” e “meraviglioso” che pervadeva questi piccoli gioiellini rimane inalterato nel tempo.
    Alcune cose, viste adesso, potrebbero anche sembrare pacchiane o fuori luogo. Ingenue forse, se mi passate il termine.
    Però lo eravamo anche noi a quei tempi.
    Adesso possono sembrare superate, ma eravamo tutti un po’ pionieri ed anche gli autori stavano plasmando assieme a noi un mondo (quello del gioco di ruolo) che ti faceva sentire davvero un eroe, un po’ speciale.
    Oramai ai vari GdR ci abbiamo fatto il callo e non è più così elitario giocare di ruolo.
    Grazie per il bel tuffo nel passato, un’ottima occasione per riscoprire gioielli che continueranno a brillare per sempre (lacrimuccia).

  • 28 Novembre 2014 in 10:08
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    Bravo, bravissimo, bis!! Viene voglia di spellarsi le mani per fare i complimenti a questo articolo scritto con passione.
    Ho poi girato per il sito e visto che mancava da un po’ un articolo Old School, quindi bentornati.
    Maurino, come si dice a Modena, tieni botta, cioè tieni duro. Vi ho inserito nei siti che seguo e vi chiederei, se li accettate di aggiungermi tra i vostri amici.
    Venendo al contenuto del post, credo che tu abbia scattato una polaroid perfetta del modulo, del suo scopo, dell’intrinseca utilità e di come abbia segnato una generazione di giocatori con poche pennellate a tratteggiare la miriade di incontri delle pericolose caverne.
    Il paradosso sta appunto in una generazione di giocatori che vuole affrontare sempre e solo sfide alla loro portata (quale malsana invenzione è stata il Livello di Minaccia o come diavolo si chiama dalla 3° edizione in avanti) ed essere presi per mano in un cineracconto, quando la vita reale ti chiama a gestire incontri inaspettati in qualunque momento. Un buon DM avrebbe comunque dato una possibilità ai propri giocatori, anche nel caso fossero finiti nel “buco” sbagliato. Magari i PG avrebbero potuto stringere alleanze per far sloggiare l’odioso vicino di casa o corrompere il nemico con quanto guadagnato in precedenza, del resto anche un mostro ci pensa prima di menar le mani se tanto può già ottenere quello che desidera.
    Era forse equilibrato l’incontro tra Smaug e Bilbo? Eppure l’hobbit ha portato a casa la pelle.
    Questi moduli erano aperti ad una miriade di soluzioni, che si risolvevano senza skill, feat e posizionamenti scacchistici su inutili mappe a quadretti (che se Dio vuole, sono diventate opzionali nella 5°).
    In definitiva, le Caverne del Caos sono un classico che permette di essere giocato, in maniera spensierata e con gran divertimento, anche da ragazzini di 8-10 anni, supportati solamente dalla loro fantasia e da un regolamento elementare e lucidissimo.

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