Kickstarter e la democrazia del gioco

di Federico “Kentervin”

Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di Kickstarter. Ultimamente sembra che non si possa pubblicare un gioco senza fare riferimento a questo metodo che oramai sta spopolando in tutto il globo ludico.
Si è da poco conclusa la campagna per la raccolta fondi di Galaxy Defenders, un misto di sana euforia e lucida follia (come nella migliore tradizione Kickstarter) che ha portato Gremlin Project e Ares Games a raccogliere circa 180.000$ e che mi ha visto tra i backer.
Essendo questa la mia prima esperienza su Kickstarter (a cui io sono notoriamente allergico, ma avevo provato GD personalmente a Play2013 ed il gioco meritava il mio supporto), ho avuto modo di vivere in maniera diversa e più ravvicinata tale esperienza, passando da semplice spettatore esterno a protagonista della campagna che ha riempito questo mio ultimo mese, spingendomi a riprendere in mano un mio vecchio articolo mai pubblicato.
Cominciamo intanto con lo spiegare che cosa è Kickstarter e come funziona.
Il concetto alla base di Kickstarter è molto semplice: dare la possibilità a chi ha una buona idea, ma non i mezzi necessari per realizzarla, di farsi conoscere, raggiungendo potenziali clienti sparsi per il mondo ed interessati a finanziare l’autore.
Ecco quindi che Kickstarter si prefigura come una raccolta fondi a livello mondiale, una vetrina in cui chiunque può esporre la propria idea nella speranza di suscitare l’interesse (o anche la semplice curiosità) di possibili finanziatori.
Le idee presentate sono le più disparate, spaziando da chiavette usb a forma di Goldrake a segnalini personalizzati per le proprie sessioni GdR, a fiches in ceramica, a sensori per interfacciarsi con il PC fino ad arrivare a software per le stampanti 3D, abbracciando ogni possibile campo e dando la possibilità all’utente di finanziare qualsiasi cosa (unico limite la fantasia dell’autore e la legalità del progetto ^_^’).
Ovviamente, tra tante proposte, trovano spazio anche giochi da tavolo che per un motivo o per l’altro non sono riusciti a guadagnarsi un editore (ed i maligni aggiungeranno che se non l’hanno trovato, ci saranno dei buoni motivi ^_^’): un esempio in tal senso può essere rappresentato da Dark, Darker, Darkest che dopo reiterati rinvii e continui rimpalli tra casa editrice ed autore è approdato su Kickstarter (che sia quindi la volta buona per vederlo arrivare sui nostri scaffali?).
Allo stato attuale delle cose, purtroppo, KS ha oramai perduto la sua funzione originale: le case editrici puntano oramai a farne uno strumento di puro marketing, in grado di accalappiare utenti e collezionisti di tutto il mondo che si ritrovano, alla fine della campagna, a pagare anche 5-6 volte il valore reale del gioco.
Questo perché è oramai prassi diffusa quella di introdurre materiale bonus al fine di omaggiare quanti hanno deciso di supportare il progetto. E se è giusto, anzi doveroso avere un occhio di riguardo per quanti decidono di sovvenzionare l’autore “a scatola chiusa”, senza aver nessuna recensione o commento (e spesso nemmeno il regolamento), ma solo frasi roboanti e superlativi ad effetto, sembra che la rincorsa al gadget esclusivo ed a tiratura limitatissima stia prendendo il sopravvento sul gioco.
Un po’ come acquistare un’automobile scegliendola in base agli optional.
Il punto debole di molti KS è l’improvvisazione ed il pressapochismo con cui vengono presentati i giochi, senza che questi siano stati neppure completati. Come è possibile leggere frasi del tipo: “Il gioco è in fase di playtesting”, “lo sviluppo è già all’80%”, “ieri durante una sessione abbiamo deciso di portare a 6 i turni di gioco”?
Sembra la sagra della superficialità, con una totale noncuranza e leggerezza nei confronti degli acquirenti.
Dove sono finiti i 272 playtester di Agricola? Gli anni di sviluppo e di affinamento delle meccaniche che un gioco richiede?
Essere un buon giocatore non significa necessariamente essere un buon autore: KS da la possibilità a tutti di pubblicare un gioco, ma sono poi i giocatori che, regolamento alla mano, devono decidere della bontà del progetto. E spesso le “magagne” saltano fuori sulla lunga distanza, avendo modo di giocarlo con gli amici e di ragionare sulle possibili strategie.
Questa opportunità di pubblicare giochi senza dover passare per case editrici e publisher che impongono i loro tempi  ed il loro modus operandi (può capitare di dover attendere fino a 3 anni per vedersi pubblicare il gioco, così come è quasi scontato che l’ambientazione scelta non piaccia all’editore) mette al centro del progetto l’autore: quest’ultimo ha il controllo totale sulla propria creatura e a Kickstarter questo merito va senz’altro riconosciuto.
Ma va riconosciuto anche un grande difetto, tipico di questo sistema: libertà vuol dire anche caos.
Una casa editrice ha mezzi, risorse, tempo e denaro che difficilmente un autore (anche facendo questo mestiere a tempo pieno) ha.
Moltissimi giochi mancano di playtesting. Lanciati su internet con grande dispendio di parole, immagini e commenti basati sulla visione di qualche foto e di un paio di righe di presentazione, dopo un grande hype iniziale tendono a spegnersi velocemente.
Tralasciando quelle (poche) case che da sempre utilizzano il Kickstarter per i propri progetti (mi viene in mente solo la Tasty Minstrel), ultimamente molti si sono scoperti autori di giochi, detentori dell’idea definitiva, del gioco da tavolo perfetto.
Inoltre quella del “gioco a pezzi” è oramai diventata una pratica consolidata: al raggiungimento di vari step finanziari, si aggiungono pezzi al gioco, passando dalle miniature in legno a quelle in plastica, fino ad arrivare al proprio nome su plancia o carte.
E se posso essere contento di pagare un po’ di più per avere materiali migliori, mi chiedo perché devo fare lo stesso per avere un gioco con 2-3 carte promo in più, spesso utilizzate come specchietto per le allodole.
E poi se un gioco è per 4 persone non è che pagando di più il gioca diventa da 6.
Perché succede anche questo (e nessuno sta a chiedersi se il gioco scala bene lo stesso).
Kickstarter è un mezzo come un altro per produrre giochi, solo che il rischio viene spalmato sugli acquirenti e l’autore non si ritrova copie invendute a casa.
Ma se me lo fa la GMT, che ha una lunga esperienza, un target ben preciso (da loro so che giochi aspettarmi), una lunga fase di Playtest, mi sta anche bene.
Se me lo fa uno sconosciuto che desidera realizzare il suo sogno nel cassetto, beh aspetta un momento!
Anch’io ho inventato una decina di giochi, ma non sono un autore di giochi. Un motivo ci sarà!
Invece KS punta sul collezionismo per incentivare l’acquisto, cosa che io ho sempre detestato (sono un collezionista e se non posso avere tutto, preferisco non avere niente). Spesso le varie opzioni sono puramente estetiche (miniature alternative, ma anche scatole in edizione speciale e soprammobili/gadget di dubbia utilità, fino a scadere nel pacchiano con telefonate all’autore del gioco).
Una campagna di Kickstarter si muove sull’onda delle emozioni che riesce a suscitare, su quello che riesce a trasmettere e spesso questo riesce a mettere in secondo piano parametri che normalmente terremmo in debita considerazione nella scelta di un gioco.
Ciliegina sulla torta, il prezzo è sempre molto più alto rispetto alla corrispondente versione retail, cosa in parte mitigata dalle esclusive che il titolo si porta con sé (ma il rovescio della medaglia è che se la versione retail non le incorpora, c’è il serio rischio di usarle poco o di non vederle adeguatamente supportate).
Visti gli alti costi di sviluppo, sembra che i giochi di miniature siano il genere più gettonato su KS che è diventato il mezzo di elezione per la loro creazione.
Ecco quindi arrivare secchiate di miniature e chili di plastica, non sempre però supportate da un regolamento all’altezza.
Myth ha fatto sfracelli, ma il sistema di gioco mi è sembrato estremamente povero (entra nel dungeon e distruggi il punto da cui escono i mostri): alcune meccaniche risultano interessanti, il gioco reagisce alle azioni dei giocatori calibrando il grado di sfida, ma l’impostazione da videogioco che punta più sullo sconfiggere i mostri che non sulla storia (ed il fatto che essa sia volutamente lasciata in mano ai giocatori, un modo elegante per dire: “vi abbiamo dato un chilo di miniature, adesso trovatevi un modo per utilizzarle”) non mi ha entusiasmato.
Kingdom Death: Monster è stato un fulgido esempio di marketing. Senza uno straccio di regolamento, ma con decine di miniature e donnine in pose sexy (con armature opzionali e quant’altro) è riuscito a superare il milione di dollari, salvo poi arenarsi una volta che le prime recensioni sono cominciate a spuntare su BGG, dove il voto medio non arriva nemmeno a 6,5 a riprova che delle belle miniature non fanno un bel gioco.
Robotech ha da poco concluso la sua campagna milionaria, forte di un brand trentennale e di una quantità di miniature impressionante (tutte rigorosamente da montare e dipingere). Se l’appeal di un tale titolo è fuori discussione, restano forti dubbi sulla sua “tenuta” una volta che il gioco arriverà sui nostri tavoli (servono infatti elementi scenici per riprodurre degnamente un campo di battaglia e montare e colorare tutte le unità richiede un enorme investimento in termini di tempo. Insomma, non si tratta del classico titolo “apri e gioca”).
Anche Zombicide, nonostante le piccole magagne riguardante il playtesting (impossibilità di mirare agli zombie, quando si spara nel mucchio si colpisce sempre un giocatore e poi gli zombie, se uno zombie non sa se andare a destra o a sinistra decide democraticamente di sdoppiarsi, eccetera) ha ottenuto un successo straordinario con la Season 2 e la nuova espansione (io me ne sono tenuto alla larga vista la quantità spropositata di opzioni e miniature a tiratura limitata).
Ma allora KS è solo uno strumento per autori improvvisati e compagnie in cerca di facili guadagni?
Certamente no.
Non necessariamente un gioco che giunge sugli scaffali tramite le vie tradizionali risulta migliore di uno prodotto tramite Kickstarter; anche case editrici famose ed autori blasonati possono produrre giochi mediocri.
Anche se la media dei giochi che si affacciano su KS si sta generalmente alzando, vuoi per una fisiologica scrematura operata dai backer (che col tempo si stanno facendo via via più esigenti), vuoi per l’arrivo di nuovi player che si erano tenuti cautamente alla finestra (Ares Games e Queen Games tra i tanti), permane una certa sensazione di trovarsi innanzi ad una scelta più commerciale che realmente necessaria, tesa a minimizzare i rischi ed a massimizzare gli introiti.
Col passare del tempo sembra che il concetto alla base di Kickstarter sia stato travisato, stravolgendolo.
Vediamo di fare qualche esempio concreto dei diversi possibili approcci ad una campagna KS ed al suo spirito più genuino.

Un approccio superficiale –  Forbidden City of Karez, The Manhattan Project
Non sempre una buona idea si concretizza in un buon gioco: molti infatti sono gli ingredienti che concorrono a creare un prodotto di successo, ma è innegabile che, qualsiasi cosa si voglia creare, non ci si può improvvisare autori dall’oggi al domani. Servono pazienza, perseveranza e tanto tanto playtesting.
Purtroppo gran parte dei boardgame che vengono presentati su KS sono carenti  proprio sotto questo punto di vista: playtestare un gioco richiede tempo e mezzi che un singolo individuo o una piccola casa non hanno.
I giochi vengono spesso presentati “in corso d’opera”, con opzioni ed aggiunte che vengono fatte mentre la campagna  è ancora in corso. Impossibile quindi creare un gioco bilanciato e scevro da bug partendo da questi presupposti.
Volendo fare solo un paio di esempi (ma ce ne sarebbero molti altri), mi vengono in mente un paio di titoli: Forbidden City of Karez e The Manhattan Project.
Il primo risulta alquanto sbilanciato, con fazioni palesemente più forti rispetto ad altre, una durata eccessiva ed alcune strategie obbligate se si gioca con l’intenzione di vincere: ne risulta un gran bel gioco sulla carta, ricco e con varie sfaccettature (crescita e sviluppo di una città, fazioni con poteri ed obiettivi diversificati, sezione dedicata a dungeon ed avventurieri che rappresenta un vero valore aggiunto) e che non è riuscito a concretizzarsi, dimostrandosi alla prova dei fatti talmente buggato da non poterlo salvare nemmeno con delle house-rule.
Urge una totale revisione delle regole ed una profonda fase di playtesting (in alcuni casi non bastano nemmeno alcune quest, che si esauriscono troppo presto costringendo i giocatori a “tirare a campare” in attesa del termine della partita!), cosa a cui si doveva provvedere PRIMA della pubblicazione.
The Manhattan Project non soffre di tutte queste problematiche, anche se ben presto si ha la sgradevole sensazione di trovarsi di fronte ad un gioco non del tutto rifinito. Alcuni elementi del gioco (in primis la possibilità di attaccare un avversario) sembrano messi lì per puro senso estetico e di completezza, più che come reale opzione.
E’ innegabile che nessuno mai attaccherà un avversario, visto il rischio concreto di mostrare il fianco agli altri avversari, innescando una spirale di attacchi e contrattacchi che minerebbero seriamente le proprie possibilità di vittoria.
Tale aspetto quindi, seppur presente, tende a non concretizzarsi mai, rimanendo nella sfera del “vorrei, ma non posso”, uno spauracchio che tende a rimanere puro elemento di contorno.
Ne consegue una certa sensazione di incompletezza, un prodotto un po’ acerbo che aveva le possibilità per guadagnarsi una fetta di appassionati, ma che non è riuscito a compiere il salto di qualità necessario a distinguersi dalla massa.

Un approccio corretto – Tasty Minstrel
Questa casa editrice ha sempre utilizzato KS per cercare di finanziare i propri progetti, non potendo contare su grossi capitali (solo da poco tempo sta cominciando a farsi un nome, basti pensare agli ultimi contratti stipulati con grosse case editrici per la localizzazione dei loro prodotti).
Recependo lo spirito con cui è nato KS e rimanendovi fedele, ha sempre inteso il suo utilizzo un modo per migliorare la qualità generale del prodotto. Prendiamo ad esempio Kings of Air and Steam in cui la campagna per la raccolta fondi è servita per introdurre il 6°giocatore e migliorare la componentistica del gioco.
In questo caso, KS si è rivelato un prezioso strumento ed un alleato ineguagliabile.
Ovviamente la Tasty Minstrel non è immune alle lusinghe del gadget promozionale o a tiratura limitata, offrendo un ampio campionario di possibilità all’acquirente (il proprio nome su carte e manuale in primis).

Un approccio prudente – Queen Games
La Queen Games non ha bisogno di presentazioni, ma vista la crisi anche case più blasonate hanno cominciato a fare capolino su KS per cercare di mitigare i rischi di un’operazione come la pubblicazione di un gioco da tavolo, spalmandone i costi su una base consolidata di acquirenti.
Nessuna mancanza di fondi, quindi, ma la volontà di non compiere pericolosi salti nel buio immettendo su un mercato sempre più saturo un gioco senza avere la certezza di un ritorno economico.
Soprattutto se a produrlo è una casa editrice che non fa dell’innovazione e del prezzo concorrenziale la propria bandiera (pensiamo alle infinite varianti ed espansioni per Alhambra, propinatoci ormai in tutte le salse e vesti grafiche).

Un approccio plastico – Kingdom Death: Monster, Sedition Wars: Battle for Alabaster
Qui la miniatura è assurta a vera, indiscussa protagonista. Le regole sono un ammennicolo, un accessorio che rischia di appesantire inutilmente quello per cui la campagna è stata concepita: permettere a chiunque di avere delle miniature con cui pavoneggiarsi con gli amici, bullandosi perché “io le ho e tu no”. Ovviamente le miniature sono un ammasso informe di pezzi di plastica che il giocatore scopre ben presto (essendo un giocatore e non un ingegnere) di non essere in grado di montare né tantomeno di colorare degnamente (che poi, una volta colorate, non le tocchi nemmeno per paura che si rovinino).
Qui la lista di nomi potrebbe allungarsi parecchio, ma ciò che voglio fare non è una “lista dei cattivi”, ma piuttosto soffermarmi su come uno strumento come KS possa venire utilizzato in maniera distorta.
KS non è né buono, né cattivo. Esso è semplicemente un mezzo che permette a CHIUNQUE di concretizzare un proprio progetto, sia esso in ambito musicale, ludico o quant’altro. Perché KS è “democratico” e non fa distinzione alcuna tra chi ha le doti necessarie e chi si improvvisa autore da un giorno all’altro, forte di un’idea innovativa. Che è un’ottima base di partenza, ma non garantisce alcun risultato.
CoolMiniOrNot e Soda Pop sono due case che producono eccellenti miniature, ma questo non le rende automaticamente in grado di produrre ottimi giochi.

Il problema principale di molti giochi è la carenza di playtesting, spesso sacrificato in favore di una maggiore cura grafica e della messa online di video e recensioni ad effetto. Dopotutto è necessario fin da subito cavalcare l’onda emotiva per far decollare la campagna e spesso una buona pubblicità fa vendere un prodotto molto più delle qualità del prodotto stesso.
Ultimamente il mercato è stato letteralmente inondato da giochi “carini”, ma che, sgonfiatasi l’euforia post Kickstarter, hanno lasciato ben presto il mercato senza lasciare traccia di sé.
Provenire da Kickstarter oramai, viste le modalità di utilizzo che lo rendono un modo semplice ed efficace per guadagnare denaro senza rischi per l’autore/editore, è quasi un handicap. L’ideale “romantico” che permeava i primi progetti (fare da mecenate ad un autore, aiutandolo a realizzare il proprio sogno) è sbiadito in una più pragmatica rincorsa all’oggetto da collezione, pezzi a tiratura limitata da rivendere su Ebay nel tentativo di lucrare e guadagnare ingenti somme di denaro (esemplare l’esperienza con Zombicide che ha visto alcune miniature del valore di 10$ rivendute a 100$ in rete).
Kickstarter rimane quindi una grande idea nata dalla necessità, in un periodo di crisi, di ridurre i rischi d’impresa conquistando nuovi acquirenti per un prodotto (sia esso un fumetto, un gioco, un album) che ancora deve essere… prodotto.
Restano ancora, a distanza di molti mesi, i dubbi sulle modalità di utilizzo di tale strumento.

Come funziona KS
Innanzitutto è necessario creare un account su KS. Il sito si appoggia ad Amazon, vi verrà chiesto quindi di  creare un account su questo sito fornendo gli estremi della carta di credito che utilizzerete per fare i vostri acquisti.
Una volta fatto questo, potrete tornare al sito di KS, loggarvi e decidere quale pledge sottoscrivere tra quelli in alto a destra nella pagina. Selezionato uno dei pledge (indicante il contenuto dell’offerta) sarete ufficialmente dei backer, ossia dei finanziatori del progetto.
Ad ogni aggiornamento del progetto vi verrà inoltrata una email di notifica che vi segnalerà l’avanzamento dei lavori.
Sarà sempre possibile cambiare o cancellare il proprio pledge, così come l’ammontare della cifra investita. Ad esempio potrò investire 100$ in un pledge da 50$, riservandomi 50$ per acquistare delle opzioni una volta terminata la campagna. Una volta conclusasi, i soldi verranno subito detratti dalla propria carta di credito (i soldi vengono prelevati dalla carta di credito solo alla chiusura della campagna, sempre che sia stata raggiunta la cifra necessaria, altrimenti non vi è alcun addebito e la campagna si chiude con un nulla di fatto).
Se in un secondo momento decideremo di aumentare la somma investita, potremo farlo tramite Paypal; non è possibile diminuire la cifra, ma solo aumentarla. A pochi giorni dal termine del KS, ci arriverà il Survey, un template da compilare in cui dovremo indicare che cosa vogliamo fare della cifra eccedente il pledge, indicando quali opzioni intendiamo acquistare (dadi aggiuntivi, mappe, eccetera).
Va ricordato che KS si prende il 10% degli introiti di un progetto e che fornisce solo gli strumenti per gestire una campagna di raccolta fondi, ma non garantisce nulla: vi sono state anche campagne che non sono andate a buon fine, con autori che una volta raccolti i fondi necessari non hanno poi, però, consegnato il gioco.
Tra i nomi illustri si segnala anche quello di Steve Jackson che con il suo Ogre ha fatto un buco milionario (non sempre gli autori sanno fare i commercialisti).
Per evitare spiacevoli sorprese, va inoltre ricordato che ogni cosa spedita dal di fuori della Comunità Europea è soggetta al pagamento dell’IVA (che si paga pure sulle spese di spedizione!) e ai dazi doganali di 5,50 euro.
Ovviamente le varie case editrici hanno iniziato a cercare vari escamotage per aggirare il problema, anche se non ci sono garanzie che il vostro pacco non faccia tappa nel centro di smistamento della dogana.
Sulla scia del successo di Kickstarter (ed anche per cercare di trovare una soluzione ai problemi di spedizione) sono nati altri siti con sede in Europa (tra cui citiamo Indiegogo), anche se nessuno di essi può competere col bacino di utenza che Kickstarter ha saputo guadagnarsi in questi anni.
L’andamento di una campagna Kickstarter è abbastanza tipico, con un inizio solitamente scoppiettante (Galaxy Defenders ha raccolto i fondi necessari in meno di 8 ore), un prosieguo abbastanza costante ed un rush finale dettato dall’imminente fine della campagna che spinge molti ad unirsi a poche ore dal termine (complici gli stretch goal sbloccati con il procedere della campagna ed il fatto che una volta chiusa, il materiale in tiratura limitata non sarà più reperibile).
Si è diffusa inoltre la prassi degli early bird, offerte in numero limitato (tipicamente sconti sul prezzo del gioco) che permettono una partenza fulminea ai vari progetti, ma che possono anche falsarne la percezione: molti sono infatti coloro che si aggregano ad un progetto solo per “prenotarsi” un early bird.
Se poi il progetto non convince appieno, ecco che l’ultimo giorno si comincia ad assistere ad un’emorragia di backer, persone che non erano del tutto convinte della bontà del progetto, ma che avevano comunque opzionato un early bird perché “non si sa mai, prendiamone uno per sicurezza prima che finiscano”.

KS (r)Evolution
Kickstarter inizia a mostrare tutti i suoi limiti, soprattutto se utilizzato per supportare progetti complessi, aggiornati spesso e che presentano molte opzioni.
Non è possibile nemmeno tenere lontani gli spammer, col risultato che chiunque può partecipare ad un progetto col solo scopo di fare pubblicità ad un altro, bombardando la pagina dei commenti con interventi inopportuni.
Ovviamente tutto il sistema su cui si basa KS ha enormi potenzialità di crescita e di miglioramento e la possibilità di partecipare attivamente al progetto, proponendo suggerimenti, migliorie o esponendo dubbi e perplessità è impagabile.
Il filo diretto che si instaura tra autore, casa editrice e giocatore non è riscontrabile in nessun altro ambito ed è questo il vero valore aggiunto di una campagna su Kickstarter, che risulta democratico (ahimè) nel dare la possibilità a chiunque (anche a chi non ne ha le capacità) di improvvisarsi autore.
Parimenti, esso riesce a diminuire la distanza tra i vari comprimari della scena ludica (chi produce e chi acquista) mettendo i vari protagonisti sullo stesso piano, trasformando in maniera radicale il processo di creazione del prodotto.
Che Kickstarter non piaccia (venendo percepito come un modo facile per spillare quattrini a sprovveduti giocatori) è assodato, così come è innegabile che senza di lui, molti progetti ambiziosi (in termini di materiale) difficilmente vedrebbero la luce.
Seguire per un mese l’evoluzione di un gioco, il raggiungimento di determinati obiettivi, vederlo crescere giorno dopo giorno è un’esperienza appassionante e coinvolgente.
Attenzione però a non farsi trascinare dall’euforia collettiva, rischiate di diventare KS-dipendenti ed il vostro portafoglio potrebbe non sopportarlo.

10 pensieri riguardo “Kickstarter e la democrazia del gioco

  • 31 Maggio 2013 in 08:47
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    Nessuno comme ta mai per dire “sono daccordo”, io sí. Ribadisco solo che il mezzo è neutro e democratico, e come in tutte le democrazie devi informarti senno ti freghi da solo.

  • 31 Maggio 2013 in 12:42
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    Ottima ed esaustiva espressione di pensiero, concordo su molte cose. Dopo molti KS posso dire che uno degli aspetti piu’ incisivi e’ il partecipare in quei giorni a una comunita’ in stretta relazione con gli autori tanto da poter in alcuni casi anche plasmare il gioco finale e renderlo piu’ vicino alle esigenze degli “investitori”. Veder crescere il totale e sperare di raggiungere i stretch goal e’ in alcuni casi quasi una droga, ma alla fine non fa altro che legare emotivamente di piu’ le persone tra di loro e al prodotto: ovviamente questo ha un costo ed e’ il prezzo finale sempre maggiore di un prodotto retail classico.
    C’e’ da dire anche che sebbene i prodotti classici possono essere frutto di anni di test, non tutti raggiungono il successo anzi, non e’ sempre matematico che anni di sviluppo=successo.
    Dopo tutti questi KS posso dire che e’ una bella esperienza che consiglio a chi riesce a trovare il progetto che sente proprio e a cui credere e seguire, sempre lasciando uno spazio critico che ti fa rimanere legato alla realta’.

    Solo un appunto: Robotech e’ un wargame con miniature classico, e’ ovvio che abbia la necessita’ di scenari, tavoli etc. come warhammer, inifinity, warmachine e tutti gli altri, non e’ un boardgame che apri e parti quindi direi che non e’ un “difetto” avere la necessita’ di quegli elementi in piu’. Robotech e’ un perfetto esempio di come un KS dovrebbe essere fatto con il giusto mix tra convenienza (circa 1 euro a miniatura), creazione di comunita’ (oltre 50000 messaggi), filo diretto con i creatori (diverse richieste sono state esaudite in corsa, anche le detestabili spese doganali eliminate), giusto patos e passione che straripava da tutti i pori (ma quello dipende anche dal fatto che e’ Robotech :D )

  • 31 Maggio 2013 in 12:53
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    Già, alla fine nessuno ti costringe a fare niente, spetta a te informarti e decidere se quello che stai acquistando è effettivamente ciò che desideri.
    Anche perché non è che manchino i giochi, anzi, il mercato ogni anno propone sempre più titoli di quanti sia umanamente possibile provare.
    Una scrematura a monte va operata ed informarsi è fondamentale ^_^’.
    Più che altro mi chiedo se KS sia sempre l’unica scelta percorribile, mi sembra che lo si usi spesso anche quando non ce n’è un reale bisogno.
    Certo che, potendo limitare i rischi, è uno strumento a cui è difficile rinunciare visti i tempi che corrono.
    Però è uno strumento in più, ben venga se riesce a portarci qualche piccola gemma che tramite i canali ufficiali impiegherebbe molto più tempo ad arrivare (sempre che non si perda per strada).

  • 31 Maggio 2013 in 22:47
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    Un paio di settimane fa vi avevo inviato una mail per chiedervi informazioni proprio su questo argomento. Adesso ho le idee un poì più chiare.
    Grazie per il lavoro che fate tutti i giorni! :D

  • 2 Giugno 2013 in 13:23
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    @Simone
    Concordo, non è un difetto che Robotech richieda scenari e lavoro aggiuntivo per essere giocato al meglio, anzi.
    Parte del “gioco” sta nel crearsi gli scenari e montare le miniature, che sicuramente è un valore aggiunto per molti giocatori ed appassionati.
    Non direi mai che un puzzle è brutto perché “ti tocca montarlo” ^_^’.
    Semplicemente per me (ma non per tutti) che sono pigro e che mi piacciono i giochi che possono essere spiegati in 5 minuti e giocati in un’ora, tutto questo lavoro preparatorio mi spaventa un po’.
    E te lo dice un appassionato di animazione giapponese, trovo Macross (o Robotech in generale) una serie tv eccezionale.
    Lo dimostra il supporto incredibile che ha avuto la campagna Kickstarter, direi all’altezza del titolo: coinvolgente, ricchissima di materiale e con un supporto della comunità invidiabile, tanto che anche chi non partecipava ha comunque dato un occhio al progetto anche solo per curiosità.
    Quindi si, se ho dato di Robotech un’impressione negativa, beh mi scuso perché non era la mia intenzione ^_^’
    Però bisogna ammettere che cotanto materiale è “per molti, ma non per tutti” ^_^’

    @mkbrini
    Grazie a te, l’articolo era in cantiere da un po’, ma visto che ieri mi sono sposato non ho avuto molto tempo ultimamente ^_^’

  • 3 Luglio 2013 in 17:07
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    Un gran bell’articolo. Sono alla ricerca di materiale che mi chiarisca come funziona questa piattaforma dato che ho un gioco che partirà con KS in autunno. Condivido praticamente tutto quello che ha detto Kentervin a proposito della sufficienza che spesso si adotta in questi progetti. Di contro, mi sembra una bellissima opportunità che solo dieci anni fa sarebbe stata impensabile.

  • 16 Febbraio 2015 in 14:28
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    Ciao! premetto che fino ad oggi ho sempre guardato kickstarter con molta diffidenza, dato che non amo particolarmente acquistare tramite internet e conoscevo poco o niente di questa piattaforma. In questo periodo, però, ho trovato dei progetti che mi hanno incuriosito, spingendomi a scoprire il funzionamento del crowdfunding. Qui ho trovato tutte le risposte che cercavo.Mi rimane solo un dubbio: nell’articolo si fa riferimento a varie imposte da tenere in considerazione (IVA,dogana,ecc..). Ne deduco che non vengano considerate nei pladge di un kickstarter (anche se i costi sono espressi in forma $/€/£). Se così fosse, a chi vanno pagate queste imposte e quando? Vi è quindi la possibilità che il prodotto una volta finito non mi venga recapitato perchè non ho pagato anticipatamente queste spese?

  • 19 Febbraio 2015 in 11:36
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    Ciao! Sempre più campagne su Kickstarter stanno diventando EU-Friendly proprio per questo motivo.
    Fondamentalmente, quando diventi backer, acquisisci un gioco e nel prezzo sono incluse le spese di spedizione che coprono, appunto, il costo per fartelo arrivare a casa.
    Rimane però l’incognita della dogana italiana, conosciuta in tutto il mondo per la sua capacità di perdere i pacchi.
    Poiché la dogana italiana fa controlli a campione, nella malaugurata ipotesi in cui il tuo pacco venisse “estratto”, dovresti mettere in conto:

    – che sul valore del pacco dovrai pagare l’IVA (su tutto il valore, anche sui soldi che hai speso per la spedizione!!!);
    – che ti arriverà in ritardo;
    – che potrebbe non arrivarti più;

    Molti backer hanno lamentato tale problema e per evitare ciò, sempre più case editrici si stanno attrezzando.
    Consiglio SEMPRE di controllare la presenza del bollino EU-Friendly nella pagina del gioco.
    Le spese di spedizione includono già le spese per lo sdoganamento; per fare un esempio Conan viene spedito da 3 punti diversi proprio per evitare questo problema (per l’Europa viene fatto lo smistamento dalla Francia ed essendo all’interno dell’Europa vengono evitati ulteriori dazi).
    Il problema della dogana (che esiste per tutti gli stati del mondo, eh) si sta quindi lentamente risolvendo.
    Discorso diverso è quando si comincia un Kickstarter senza un’idea ben chiara delle spese di spedizione; cito nuovamente Conan come esempio dato che ha praticamente raddoppiato il contenuto della scatola, però di solito il fenomeno è circoscritto ai progetti più grossi e dipende soprattutto dal fatto che non si conoscono a priori gli Stretch Goals che verranno sbloccati.

    • 19 Febbraio 2015 in 13:32
      Permalink

      Grazie mille!!! Ora ho una visione più chiara di come funziona!
      Grazie ancora per la disponibilità e complimenti per il servizio che date!

  • 16 Giugno 2016 in 12:06
    Permalink

    Complimenti per l’articolo e per il sito che trovo tra i più interessanti sul web. Lascio questo commento all’articolo, che ha oramai tre anni, per chiedervi secondo voi com’è la situazione Kickstarter dopo questi anni. Ho notato, tra le mie amicizie e sul web in generale, che acquistare prodotti in questo modo sta prendendo sempre più piede, e la cosa sto ancora cercando di capire se è un bene o un male per il settore. Anche perché mi sembra che le fregature non siano proprio la minoranza. In fin dei conti anche voi avete fatto notare diversi progetti fatti uscire senza un briciolo di playtest. Non sarebbe un’idea fare un articolo con i peggiori e migliori prodotti ludici usciti per kickstarter in questi anni? Un saluto e continuate così

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