Il lato oscuro delle bacche di Everdell – Ultimo Turno

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di Luccio (e Luna) | Il lato oscuro delle bacche di Everdell – cronache di ludoteca

“Ti spiego, Brando, la maggior parte delle cose che facciamo non si notano…”

Sono Luccio. Quando da piccolo mi chiedevano “cosa vorresti fare da grande” non c’era ancora l’opzione “negoziante di giochi da tavolo”, per cui optavo per i sempreverdi “inventore” o “esploratore”. Arrivato ad un’età più consapevole, mi sono reso conto che l’inventore era un lavoro vero solamente a Paperopoli, e non erano rimaste tantissime terre sconosciute che valesse la pena esplorare, almeno non abbastanza da permettermi di farlo per tutta la vita.

vignetta di esplorazione e caccia delle bacche di Everdell

Mi sono trovato una serie di lavori tra il disgustoso e l’orribile, molti dei quali fanno bene a stare fuori dal curriculum, e alla fine l’esploratore l’ho fatto cercando impieghi qua e là, mentre inventore mi è toccato diventarlo per necessità. Ci ho messo un bel po’ a stufarmi, ma alla fine mi sono stabilito nella mia cittadina nel freddo nord e ho dato vita all’Ultimo Turno, una ludoteca aperta quasi sempre, soprattutto di notte, soprattutto per persone strane.

Tra cui i proprietari, mica mi escludo. L’altro sconvolto che lavora con me è Brando, uno degli ex-ragazzini più promettenti dei tempi in cui si andava a giocare a Magic al mai dimenticato Dragone Arrosto, il locale del nostro paese, ormai chiuso dai primi 2000 dopo che la finanza scoprì che non si trattava di una cooperativa agricola.

Brando è il frutto di accurate selezioni. Selezione del personale da parte mia, che mi sono scelto un collaboratore abbastanza giovane e agile da fare tutto quello che il mio fisico dopo i trent’anni si sogna di fare*, ma soprattutto selezione darwiniana, perché se oggi abbiamo un Brando in negozio significa che è riuscito a schivare anni di coltellate sui fianchi, prodotto tipico della nostra piccola città di periferia, esportato poi in tutto il mondo.

*Recenti studi inventati da me affermano che la soglia dell’adolescenza si sta alzando progressivamente, e ha ormai raggiunto i 38 anni, mentre l’anzianità si comincia a percepire intorno ai 30. Esiste dunque una fascia d’età in cui sei contemporaneamente adolescente e anziano, mentre di diventare adulti proprio non se ne parla.

“Dicevo… la maggior parte delle cose che facciamo non si notano. I clienti entrano convinti di essere arrivati nel paese delle meraviglie, hanno infinite scelte davanti a loro e quasi sempre zero idee su cosa vogliano. Noi studiamo i giochi, li proviamo, leggiamo tutte le recensioni, scegliamo quelli che fanno un figurone dentro un kallax e li mettiamo sugli scaffali. A quel punto possiamo spiegare ai clienti cosa vogliono. Se ce n’è bisogno, usiamo dei rafforzativi.”

Brando non aspetta che abbia finito e apre la nuova scatola demo di Everdell. Ne estrae un po’ di pezzi che chiaramente sono fatti per essere incastrati tra di loro, più una manciata di animaletti in legno e dei token di pregevole fattura.

“Il gioco setuppato è maestoso a guardarlo, c’è un alberone gigante di cartone che fondamentalmente non serve a niente, ma se lo vedi lo vuoi. I materiali potevano benissimo essere dei pezzettini di cartoncino scrauso con le fustelle decentrate, e invece il legno è di legno, la resina è di resina e il sasso è di resina anche quello, perché voglio vederti a mettere dei sassi veri nelle scatole e poi spedirli**.”

**Non sono davvero sicuro che sia resina. Probabilmente è plastica. Sicuramente non sasso.

Brando mi fa una domanda che nella sua testa dev’essere stata importantissima.
“E questi cosi viola che sembrano prugne cosa…”
Interrompe la frase nell’esatto momento in cui le sue dita entrano in contatto con uno dei cosi viola, colpito da un’epifania lisergica completa di dilatazione pupillare e un sottofondo di sitar che solo lui poteva sentire.
“Ma sono gommose!” fa notare Brando a una sala vuota.
“Sì, sono di gomma, credo sia quello che le rende gommose.”
“No! Non hai capito! Sono gommose! Gommose!”

Lascio Brando a ripetere a voce sempre più bassa “gommose”, e a contemplare la rotondità perfetta delle bacche di Everdell. Un branco di giocatori di Yugioh si avvicina per ammirare i misteriosi oggetti, mentre due giocatori di Magic si limitano a darci un disinteressato sguardo da lontano.

Entra un cliente con fare ruminante.
“Ciao, cercavo… non so, un gioco.”
Sfoggio il sorriso del mercoledì.
“Sei nel posto giusto! Come lo vuoi?”
La domanda era evidentemente troppo specifica per il contesto.
Me ne sono accorto dalla scritta < n o w l o a d i n g > comparsa negli occhi***.

***La schermata di caricamento è solo il primo dei livelli di blocco psicofisico totale sperimentabili nell’ambito dei giochi da tavolo. Sopra di essa c’è la paralisi da analisi, che si ha quando ci sono troppe informazioni da gestire contemporaneamente nel proprio turno, e si finisce per rimanere fermi a pensare svariate ore, se non giorni, ignorando che gli altri giocatori nel frattempo se ne sono andati. Ancor più pericolosa è l’analisi da paralisi da analisi, cioè quando sei consapevole di essere bloccato e ne stai analizzando le cause, rimanendo bloccato anche su quelle. Il livello più estremo è il bluescreen, ma quello faccio prima a trovare un esempio concreto che a spiegarlo.

“Uno bello”, elabora il cliente bovino.
“Perfetto, ne abbiamo tantissimi di belli! C’è un gioco che hai giocato e ti è piaciuto?”
< n o w l o a d i n g >
Sento uno scatto improvviso provenire da dietro la testa del cliente. La risposta arriva di getto, come se i pensieri fossero stati ingolfati fino un momento prima.
“Puerto Rico. Avete Puerto Rico?”
“Ma magari ne avessi ancora, è esaurito in tutta Europa, ho letto giusto ieri che una spedizione ne ha trovato un rarissimo esemplare intrappolato nei ghiacci dell’Antartide. Posso consigliarti qualcosa sul genere, magari più moderno?”

Sono piuttosto sicuro che sarei riuscito a trovare una copia di Puerto Rico all’estero da qualche fornitore strozzino. Spedizione in 5-8 giorni, pagamento anticipato, consegnato da un corriere che raglia e sgranocchia carote. Al cliente la faremo breve e diremo che non c’è. Colgo l’assist di Brando sulla fascia, che gira verso il cliente la plancia di Everdell e mette in mostra la scatola come neanche le accarezzatrici di materassi di Mastrota sanno fare.

“Questo è Everdell. Si tratta di un gioco di gestione risorse come Puerto Rico, con la differenza che invece di costruire un impero coloniale devi fare la tua città nel bosco, e controlli un clan di animaletti carini. In una partita puoi giocare fino a 15 carte che rappresentano edifici o abitanti del villaggio, e ci sono tantissime combo che puoi sperimentare, quindi altrettanti modi per fare punti.”
Noto che non mi sta più seguendo. Lo sguardo è completamente rapito dalle forme sinuose delle bacche di Everdell.
“…e poi il gameplay è molto fluido, e l’ottimizzazione delle azioni non deve per forza basarsi su una strategia a lungo termine…”
Ne prende una tra le mani, si ferma ad apprezzarne la gommosità, la solleva ad altezza occhi.
“…piuttosto su approccio tattico che potrebbe ricordare…”
La annusa.
Poi la avvicina lentamente alla bocca e spalanca le fauci.
Lo fermo prima che sia troppo tardi.
“No, guardi, non è il caso, non sono commestibili.”
Mi guarda come se gli avessi detto che Babbo Natale non solo non esiste, ma spaccia pure.

Come risposta ricevo solo un “lo compro.”
< n o w l o a d i n g >. Stavolta mio.

“Certamente, le do una borsetta”.

icona di clessidra - bacche di everdell

Brando ce la mette tutta per non farmi pesare il gesto atroce che abbiamo compiuto.
“Oh, l’importante è che il cliente sia contento. Il gioco è validissimo, non abbiamo preso in giro nessuno.”
“Abbiamo venduto delle palline di gomma con un gioco in omaggio. Non era esattamente quello che mi immaginavo di fare quando ho aperto questo posto.”
“Stasera lo giochiamo e mi spieghi tutta quella roba dell’ottimizzazione delle azioni.”
“Grazie. Mi farà stare meglio.”
“Figurati, è un piacere.”
“Brando?”
“Sì?”
“Ne stai masticando una.”

Brando sputa lentamente una bacca di Everdell su un fazzoletto senza distogliere lo sguardo, poi la asciuga e la rimette al suo posto.
“Le avevi contate, giusto?” gli domando.
“Sì, erano trenta.”
“Ne mancano ancora due. Sai fare la manovra di Heimlich?”
“Certamente. Io spremo i giocatori di Yugioh.”
“E io quelli di Magic. Domani ricordami che devo scrivere all’Asmodee di farmi mandare delle bacche di Everdell.”

“Secondo te a quanto le fanno al chilo?”
“Spero poco.”

 

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